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Quando l’arte non ha confini

Creato il 28 novembre 2013 da Thefreak @TheFreak_ITA

Ho letto la storia di una pittrice mutilata. Si chiama Simona Atzori.

Accanto al suo nome brilla quello di S.P.A.M (Soli pittori artisti mutilati), una società che ha dato sostegno non solo a quest’artista, ma anche a molti altri che come lei hanno imparato un nuovo linguaggio sconosciuto al resto del mondo.

Allora, ho letto anche la loro storia.

Natalina Marcantoni, Tranquillo Fregoni, Antonio Bucchi. Scrivo questi nomi e li vedo trapassati da una disgrazia, una qualunque. Ciò che è più paradossale in assoluto è il fatto che la loro vita artistica, le loro scoperte emozionali nel mondo dell’arte abbiano preso vita da lì, da quel punto di rottura, da quella crepa disumana creata da una separazione, un dolore, un rancore impotente.

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Foto in alto Natalina Marcantoni

La Atzori ha fatto un viaggio in Kenya e in quell’occasione di lei qualcuno ha detto: “Simona è nata senza braccia e potrebbe sembrare che la vita le abbia dato un’ingiusta punizione. Ma lei non la pensa così”.

Quando l’arte non ha confini, i piedi e la bocca si fanno mani.

Quando l’arte non ha confini, il corpo umano si presta ad un allenamento lungo e faticoso per educare un altro arto a svolgere un compito che non è il suo.

Quando l’arte non ha confini, le ballerine senza braccia dipinte da Simona Atzori si trasformano in esseri splendidi e aggraziati.

Questa magia prende il nome di entusiasmo. È stato l’entusiasmo a riempire la crepa, ad allontanare la separazione, il dolore, il rancore impotente.

E dire che molti credono che gli artisti rendano al meglio quando sono sopraffatti dalla dannazione e dall’inquietudine.

La storia di questi uomini e di queste donne dimostra che è proprio dove finisce la dannazione e l’inquietudine che inizia la vita.

Di Adriana Lagioia.


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