Buonasera cari bloggers!
Quando compare la mia firma in un post (raramente!) qualcuno deve cominciare a preoccuparsi. Forse.
Perché talvolta la delusione dei clienti è un plus per il fornitore. Costa, in questo caso.
Che deve essere orgogliosa della nostra delusione.
Perché? Lo scopriremo insieme…
Voglio uscire un po’ dal coro. Per poi rientrarci, ovvio: mica vorrò rovinare questo “ensemble” di commenti positivi sulla prima Dream Cruise appena terminata? (Anche se ho visto comparire, proprio oggi, i primi commenti di delusione).
Vesto, qui, il ruolo di quello che richiama un po’ tutti alla realtà raccontando quanto c’è stato di non positivo (che parlare di negativo, sennò, stride troppocon questo clima di “volemose bene”).
Da dove cominciare? Ce ne sono talmente tante di cose da dire che ho difficoltà a redigere una scaletta dei temi da affrontare.
Cominciamo dalla pulizia della nave. Fiore all’occhiello di Costa Crociere e, se vi ricordate, quando abbiamo fatto il confronto con Royal Carribean, era uno degli aspetti che differenziava positivamente Costa rispetto a quest’ultima Compagnia.
Siamo abituati, abitudine che non vogliamo perdere, alla pulizia maniacale di ogni dettaglio. Ai vetri che ci si può vedere attraverso senza capire se il vetro c’è o non c’è. Agli ottoni senza ditate. Alla moquette in cabina che ci si può camminare scalzi.
Tutto questo è mancato.
I vetri del buffet che se facevi una fotografia dall’interno verso il mare, immortalavi il bianco delle incrostazioni di calcare più che l’azzurro del mare. I solerti addetti alle pulizie che di certo non infastidivano per la loro presenza, per quanto poco li vedevi.
Vogliamo parlare degli arredi e dei tessili? Date un’occhiata a queste fotografie:
Vi racconto solo questa. Per il resto parlano le foto della tenda rotta che ci si saranno arrampicate delle scimmie. O l’immagine del paralume, utilizzato come piatto per gustare dei favolosi spaghetti all’amatriciana.
Dicevo: vi racconto solo questa. Alle 3 del mattino circa, della prima notte di navigazione, mi avvicino al lettino con il desiderio di lasciarmi cadere addormentato tra i bianchi lini di bordo. Bianchi! Tra una macchia e l’altra. Vabbeh, mi dico. Sia!
Ma le macchie di sugo sulla federa del cuscino, artisticamente sottolineate da un lungo capello nero che le percorreva tutte attorno, quelle no! Era necessario ritrovare il legittimo proprietario del capello!
Non essendo disponibile a bordo un laboratorio per l’analisi del DNA, mi sono limitato a restituire federa, sugo e capello a una "night cabinist" (o qualcosa del genere: ho scoperto, quella notte, che esistono i cabinisti “di notte”, che ce l’hanno proprio scritto sulla targhetta) incontrata lungo i lunghi corridoi. Mi viene consegnata una nuova federa (invero dopo qualche insistenza: la prima risposta è stata “Chiami il 6666”. Se il numero era di 3 cifre, potevo pensare che di notte occorre chiamare l’inferno).
La federa ha dei buchi. Ma è pulita (vedi foto).
Comunque, con quei buchi, mi ispirava poco. Anche perché dalla loro larghezza sarebbe trasparsa la sottostante intima del cuscino, altrettanto pezzata di giallo quanto la prima federa restituita.
Mi viene consegnata una terza federa. Buchi ancora più larghi.
A quel punto, distrutto dalla fatica di un combattimento a armi impari, ho avuto la fortuna di notare che i buchi delle due federe (bucate ma pulite) non erano nella stessa posizione. Sovrapponendole sono quindi riuscito a ottenere una federa quasi aggiustata che non lasciava trasparire il cuscino sottostante.
Che Fortuna!
Da ultimo, vorrei parlarvi del servizio.
Cabinista… e chi l‘ha conosciuto?
Organizzazione a bordo? Forse meglio parlare di disorganizzazione o caos totale.
Gli inviti al ristorante Club: mai arrivati. Comica la consegna della "sorpresa" per i Gold Pearl: invito recapitato in cabina la sera … successiva all’incontro. Servizio ai tavoli? Divertente!
L’aspetto positivo del disastroso servizio ai tavoli è stato che ci siamo fatti delle risate a crepapelle.
Una sera ci portano i menù in tedesco. Disorientati, prima di scoprire che tutti l’avevamo così, ci si rivolgeva al vicino per carpire il significato di quelle lunghissime parole (che i tedeschi attaccano tutto insieme che non ho ancora capito perché). Solo uno di noi, a un certo punto, dice: “Io non ho il menù in tedesco”. E tutti, speranzosi, rivolti verso di lui in attesa che declamasse gli ingredienti: “Non ce l’ho proprio, il menù. Solo la copertina vuota”.
Posate che mancavano. Pietanze non servite, dimenticate in cucina o nei buffet di servizio.
Per non parlare dell’ancor peggiore esperienza al ristorante Club. Abbiamo prenotato in 18, chiedendo di essere messi tutti insieme. Arrivati al ristorante abbiamo trovato 4 tavoli da 4 e un tavolo da 2. Incredibile!
“La reception non ci ha comunicata questa vostra esigenza!”. Certo! Capisco! Perché normalmente, quando si prenota in 18, si richiedono tavoli piccoli piccoli e separati.Chissà come mai non avranno pensato a 18 tavoli da 1!
Vabbeh, alla fine ci sediamo. Ignari che avremmo avuto a che fare con spaghetti tiepidi (ma gustosi); risotto freddo e crudo; crema catalana che di catalano c’aveva solo il nome; tiramisù che… indefinibile; una millefoglie alla pera con unicafoglia cruda riempita di panna (?). E le pere dov’erano?
E da ultimo il delizioso siparietto di un blogger allergico al latte vaccino (allergia regolarmente comunicata e documentata prima della partenza) alla ricerca del pecorino perduto. “Potete portarmi del pecorino?” “Si”. Dicono sempre di si. Non capiscono. Come i giapponesi: piuttosto che confessarti che non hanno capito dove gli hai chiesto che vuoi andare, ti danno un’indicazione sbagliata.
Il fatto è che, se puoi mimare una forchetta, come fai a spiegargli a gesti che vuoi un pecorino? E quando, poi, nel clima goliardico della serata, il pecorino da maschile diventa femminile (del resto, il latte mica lo fanno i montoni!), mimare il formaggio al cameriere avrebbe potuto diventare un gesto troppo osé.
Quando la delusione diventa un plus. Avete capito? Penso proprio di sì!
Costa deve essere fiera della nostra delusione perché vuol dire che questo NON è lo standard Costa. Se avessimo trovato normale le ditate sugli ottoni o la qualità non eccelsa del cibo, questo sarebbe stato grave.
Quello che abbiamo trovato a bordo di Costa Fortuna (povera Fortuna!) non è lo stile Costa. Non possiamo crederci! Gli alti e i bassi possono esserci. Il cibo più o meno buono può capitare. Anche alla mamma! I calzini bucati possono sfuggire anche al più elegante dei gentlman.
Ma ciò che abbiamo trovato a bordo di Costa Fortuna non dovrebbe proprio succedere. Non a Costa.
Abbiamo anche provato a darci una spiegazione. E poi chiudo questo lunghissimo post.
La nave era appena rientrata dal Brasile. E quindi?
Beh,che i brasiliani siano un popolo “caliente” ed esuberante è noto. Che, pertanto, le attività di manutenzione ordinaria giornaliera della nave avrebbero dovuto essere intensificate, è altrettanto ovvio.
Che le navi che attraccano in porti brasiliani siano costrette ad assumere almeno il 70% di personale brasiliano è meno noto. Che, quindi, il personale a bordo in quelle settimane calienti sia molto meno preparato del personale abituale di Costa Crociere, pare una logica conseguenza di questo obbligo di assunzione in massa di migliaia di persone non adeguatamente preparate.
Popolo caliente + personale meno preparato = servizi di bordo inadeguati
E tutto ciò, unito agli entusiastici commenti che state leggendo in questi giorni sulla prima Dream Cruise, dimostra un ulteriore assioma: l’andar per mare ha comunque una sua magia totalmente indipendente dal contesto in cui si realizza.
Quando la delusione diventa un plus! Ma solo se si impara dai propri errori!