Seconda parte dei mio lungo articolo. La terza e ultima la pubblicherò domani. Sono perfettamente consapevole che ci sono un’infinità di altre cose che si potrebbero dire, ma come sempre il tempo a mia disposizione è limitato e mi devo adattare come meglio posso. Finita la parte introduttiva ho iniziato a parlare nello specifico di alcuni scrittori. Lo so, siete in grado di accorgervene da soli, ma in questo momento ho voglia di scrivere alcune righe senza inserire nessun nome. Perché? Non ve lo dico, ma a volte la cosa più importante non è essere letti. Non rimpere le scatole alla gente, per esempio, è molto più importante. Non stargli addosso togliendogli ogni spazio, o facendogli sembrare che gli si stia togliendo dello spazio. Non preoccupatevi, non c’è bisogno di capire ciò che sto scrivendo, faccio solo ciò che mi riesce meglio: divago. E questa è la seconda parte:
La fantasy storica di Guy Gavriel Kay

Il contrasto fra culture diverse è presente in un altro romanzo di Kay mai tradotto in italiano, The Lions of Al-Rassan. Se nella prima opera la magia ricopre una funzione molto importante, in The Lions of Al-Rassan la magia è completamente assente e gli elementi fantastici sono quasi inesistenti. Se non fosse per la presenza di due lune in cielo — citate proprio per ricordare al lettore che quella di cui sta leggendo non è la nostra Terra — e per i nomi e la geografia diversi, quella storia potrebbe tranquillamente narrare di fatti accaduti sul pianeta sul quale anche noi camminiamo. Fin dall’inizio il romanzo, come già aveva fatto Tolkien e come avrebbero fatto la maggior parte dei suoi successori, abbandona il fiabesco “c’era una volta” (8) per concentrarsi sul mondo secondario e costruirlo alla perfezione. Quello che ne risulta è un mondo assolutamente convincente, abitato da personaggi vivi capaci di catturare le emozioni del lettore e di trattenerlo con il fiato sospeso fino alla conclusione. Anche se il mondo è inventato la storia che narra è reale.
Terry Brooks fra il nostro mondo e quello di Shannara


La Ruota del Tempo di Robert Jordan

Robert ha spiegato che “nella letteratura mainstream la linea di demarcazione fra bene e male è diventata sfuocata. Ormai è diventato normale sentire notizie che parlano, per esempio, di un kamikaze che ha compiuto un gesto tremendo, ma naturalmente… Ecco, quel “naturalmente” ormai abusato in qualsiasi circostanza è invariabilmente seguito dalle spiegazioni del perché quell’azione sia stata compiuta. Il gesto viene reso così comprensibile, se non proprio giustificabile, in base alle particolari circostanze in cui si è verificato, se osservato dal giusto punto di vista. Secondo questa teoria non esisterebbero bianco e nero, ma solo sfumature di grigio.
Le sfumature esistono, come dimostrato anche da molti dei suoi personaggi che si ritrovano a volte a fare scelte sbagliate o a compiere azioni terribili nel tentativo di fare la cosa che reputano giusta, ma la sua paura era che quest’attenzione alle sfumature potesse portare alla convinzione che il grigio sia l’unica cosa reale, e che tutte le verità di equivalgano.”
Per non lasciare dubbi su quanto intendeva ha aggiunto che “portare all’estremo questo ragionamento significherebbe affermare che Hitler avesse le sue ragioni per assassinare milioni di ebrei nei campi di concentramento, e che la sua idea di giusto fosse altrettanto valida di quella che la maggior parte delle persone hanno di lui e del suo operato.
E per evitare che qualcuno potesse ritenere un po’ troppo forte quest’affermazione e che il rischio da lui paventato fosse solamente ipotetico, Jordan portava l’esempio di alcuni studenti che si erano rifiutati di scrivere testi di condanna nei confronti dell’Olocausto non per inesistenti simpatie naziste ma perché non volevano esprimere un giudizio.
Sì, le aree grigie esistono, affermava Jordan. Ed esistono mali relativi. Ma oggi queste considerazioni, troppo spesso, vengono prese come scusa per poter affermare che tutto sia relativo, e che il male percepito da uno non sia più che un lieve fastidio per qualcun altro.
Relativismo o non relativismo, per quante aree di grigio possano esserci, il male esiste, affermava con convinzione lo scrittore scomparso, e lui non intendeva interrompere i suoi sforzi nel far vedere dove si trova e che cosa sia. In caso contrario un giorno potrebbe inghiottirci completamente” (13).

Note
6) Guy Gavriel Kay, Home and Away, testo di una conferenza tenutasi a Toronto ora disponibile sul sito autorizzato dello scrittore: http://www.brightweavings.com/ggkswords/globe.htm.
7) Intervista condotta da Alex von Thorn alla World Fantasy Con di Montreal tenutasi nel novembre 2001 e pubblicata sul sito autorizzato dell’autore: www.brightweavings.com/ggkswords/voyageur.htm.
8) Un residuo della consuetudine fiabesca di ambientare le storie se non in un altro tempo almeno in un altro luogo si trova nell’inizio di tanti romanzi con uno o più personaggi che dal loro mondo devono entrare in quello in cui poi vivranno la loro avventura. Come ha notato Emanuele Manco in Vero e verosimile, una riflessione in Effemme numero 4, autunno 2011, pag. 123 “Se in C.S. Lewis si entra a Narnia mediante un armadio o un dipinto, se Alice attraversa uno specchio tra il mondo reale e il mondo secondario, Tolkien avvolge i suoi protagonisti, e quindi i lettori, nella sua costruzione, con un mondo secondario pieno di dettagli coerenti, in modo che non venga percepito in modo mediato dal fruitore, ma in modo diretto”.
9) Questa e le due citazioni successive provengono da Terry Brooks nel volume a cura di Patty Perret The Faces of Fantasy, Tor Book, New York, 1996, pag. 212.
10) Ho già parlato delle tracce del nostro mondo presenti nella Spada di Shannara e del collegamento fra due saghe che in origine erano diverse in Da Shannara al Demone e ritorno, articolo apparso su Effemme numero 2, inverno 2010, pagg. 10-15.
11) http://www.fantasymagazine.it/interviste/14807/intervista-con-steven-erikson/
12) Per la possibilità che Randland sia la nostra terra in un lontanissimo futuro si veda il mio Un solo mondo, mondi diversi per Robert Jordan apparso su Effemme numero 6, autunno 2012, pagg. 97-104.
13) Le affermazioni di Jordan provengono dai messaggi del del 19 dicembre 2005 e del 20 gennaio 2006 apparsi sul suo blog (http://www.dragonmount.com/forums/blog/4-robert-jordans-blog/). Ne ho già parlato in 27 gennaio, il Giorno della Memoria pubblicato su FantasyMagazine il 27 gennaio 2010 (http://www.fantasymagazine.it/approfondimenti/11701/1/27-gennaio-il-giorno-della-memoria/), articolo dal quale ho ripreso i paragrafi virgolettati.
14) Da una presentazione dell’autore svoltasi a Milano il 7 maggio 2004.






