Magazine Psicologia
Un fantasma si aggira da circa 50 anni tra gli psico-argomenti trattati: il fantasma del padre. In Psicosintesi si parlerebbe di “subpersonalità di padre”, una parte di noi – iscritta da qualche parte nel nostro progetto evolutivo inconscio – che viene influenzata sia dalle esperienze che abbiamo avuto (o non avuto) con nostro padre che dal contesto (ambiente), che dalle influenze archetipiche.
Si tratta di una parte che è presente nel nostro corredo immaginale di possibilità rispetto al nostro presente e al nostro futuro, che si esprime non appena si verificano le condizioni necessarie, prime tra tutte la nascita di un figlio, esperienza privilegiata nella quale viene attivata questa subpersonalità, sia il lato “luce” che il lato “ombra”.
E l’archetipo del padre sembra essere piuttosto “scarico” in questa fase storica: alcuni autori affermano che la mancanza del padre debba essere messa in relazione con i massacri di padri avvenuti nella prima e nella seconda guerra mondiale. Mai prima di allora in Occidente si era verificato un evento del genere! Mai prima di allora il legame transgenerazionale maschile era stato così brutalmente deturpato.
Ma chi è veramente il padre? Quali sono gli aspetti specifici di questa funzione? E quanto vengono adeguatamente interpretati e assolti?
Resta infatti la questione delle luci e delle ombre. In generale è sempre bene essere almeno due passi avanti alle nostre subpersonalità (meglio se sono tre i passi..), specie per le subpersonalità che riteniamo più critiche per noi stessi.
Il soggetto maschile che si rende conto che qualcosa non va nella sua relazione con il femminile e nella relazione con i figli, ha oggi la possibilità di lavorare su se stesso anche grazie all’ampia letteratura sull’argomento. L’opzione migliore resta sempre e comunque quella della relazione terapeutica, che può facilitare la relazione con la funzione “emozioni e sentimenti” più che quella con la funzione “pensiero”, la quale nel maschio occidentale attuale è anche troppo sviluppata!
Che sia la relazione con il padre ancora in vita o con il padre deceduto non importa: in questo e in altri casi la cosa più importante è riaprire un dialogo, anche solo sul piano immaginale, piano di realtà col quale volenti o nolenti siamo in relazione 24 ore al giorno e sulla quale si costruisce il nostro “essere nel mondo”.