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Quando la notte

Creato il 11 novembre 2011 da Veripaccheri
Quando la notte
Due personaggi speculari:lei è una madre che non riesce a sentirsi tale, lui è stato il figlio di una donna in fuga. L'incontro è casuale, di quelli che nascono per ragioni contingenti. All'inizio è una questione formale, il tempo di mettersi d'accordo sull'affitto da pagare e sulle regole di buona convivenza. Lui è una guida alpina che affitta stanze ai villeggianti, lei un inquilina con un bambino da curare con una vacanza salutare. Poi quando lui è costretto ad intervenire per salvare il piccolo le cose cambiano. I silenzi diventano coltellate, le parole un plotone d'esecuzione. Un inquisizione reciproca che li metterà a nudo e li renderà simili. Fino a farli innamorare.
La Comencini realizza un film da camera, con le pareti della montagna al posto di quelle della stanza. Ed all'interno la struttura con i colori di un melodramma anomalo, simile ad una seduta psicanalitica. Elementi freudiani introdotti dalla soggettiva iniziale all'interno del tunnel, doppiata da quella finale, dello stesso tenore, e poi dall'utilizzo dell'elemento naturale come specchio degli stati dell'animo. La rabbia ed il rancore la riempiono di scene madri, l'amore, di una carnalità sublimata nell'amplesso rimandato. Tormento senza estasi che si inceppa quando c'è bisogno delle parole. I non detti sarebbero stati preferibili, come in un film muto. Con gli stessi attori, bravi, soprattutto la Pandolfi, avrebbe ottenuto un risultato migliore, e forse, evitato gli schiamazzi. La maternità non è necessariamente la cosa più bella che possa capitare. Con questa affermazione la Comencini credeva di assicurarsi un maledettismo di ritorno, le conseguenze invece è stata, a tratti, un ovvietà da sceneggiato televisivo. Potrebbe far comodo alla Rai, che il film l'ha prodotto.

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