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Quando la radioattività era una grande amica

Creato il 25 novembre 2011 da Sirinon @etpbooks

Fughiamo innanzi tutto i dubbi in merito allo scopo di questi appunti. Nessuna crociata né pro né contro il cosiddetto “universo nucleare” del quale lo scrivente guarda con interesse le potenzialità scientifiche ed energetiche desumendo invece dalla storia - quella conosciuta e quella misconosciuta ma che sta via via emergendo - che la tecnologia ad oggi in nostro possesso non ce ne permette lo sfruttamento in modo efficace e, al contempo, innocuo per le conseguenze. Ciò premesso resta indubbio il fatto che il solo appellativo di “radioattivo” fa scaturire un senso di inquietudine, di insicurezza, per calmierare  il quale, così come abbiamo imparato a fare per tante altre sostanze e scoperte, ci affidiamo solitamente alle evidenze ed ai dati che regolarmente emergono dalle comunità scientifiche ed alle legiferazioni dei vari paesi. Sappiamo bene altresì come tali strumenti la maggior parte delle volte siano tardivi, così come ad esempio è stato per l’amianto, il cui utilizzo credo abbia rappresentato il più disastroso equivoco della storia recente in tema di salute pubblica.

La storia dei materiali radioattivi, impone di chiamare sul palcoscenico, primo fra tutti, il radio. Questo elemento chimico, il numero 88, ricordiamo, venne scoperto da Marie Curie nella pechblenda, minerale che si estraeva in Boemia. Tutti sappiamo che il radio è un metallo radioattivo e, come tale, dannoso alla nostra salute, fatto salvo un contatto con esso stabilito da limiti che ci vengono oggi imposti dalle competenti organizzazioni, così come fu, a partire dagli inizi del ‘900, quando se ne ravvisò una potenziale pericolosità.

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Tuttavia, negli anni immediatamente successivi alla scoperta, ovvero a partire dal 1920, per quella consueta forma di connaturato ottimismo (anche se ahimé legato all’interesse) che contraddistingue l’uomo da altre forme viventi, il radio venne usato, in virtù di millantate virtù terapeutiche, nei prodotti più disparati della nostra vita quotidiana. Prodotti che non solamente erano esplicitamente curativi, ma il cui uso era consigliato anche in veste preventiva e di mantenimento fisico. La “moda” se così vogliamo chiamarla partì dagli Stati Uniti ma ben presto invase l’Europa tutta, ivi compresa l’Italia che non fu da meno nella produzione e sponsorizzazione di tali elementi. Il mattino avrebbe dunque potuto iniziare con un salutare lavaggio dei denti da effettuarsi con dentifricio radioattivo, il “Doramad” ad esempio che, nella sua pubblicità, ricordava come “…io sono la sostanza radioattiva. I miei raggi massaggiano le gengive. Gengive sane denti sani..”; la preparazione alla giornata poi proseguiva con l’assunzione di almeno un bicchiere di acqua con “Triturato di Radio”,
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disponibile in diverse concentrazioni, del 6, 8 e 18%, l’ultima delle quali venduta in una bottiglietta di vetro ricoperta da una lamina di piombo (immaginate quanto fosse dunque “salutare”), per giungere poi ad una bella colazione a base di cioccolata della Burk & Braun, cioccolata venduta in barrette dal nome “
Radium shokolade”, oltre tutto particolarmente indicata per il ringiovanimento. La lista degli “alimenti miracolosi” non era qui finita.
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Ad essi si aggiungevano le patate coltivate con il “
Radium Brand Fertilizer”, patate che oltre alle indubbie qualità intrinseche, godevano di un volume decisamente superiore a quelle coltivate con metodi tradizionali. Le acque radioattive da bersi poi durante il giorno erano di infinite marche e qualità. In Italia ad esempio l’acqua “Lurisia” era la leader sul mercato. Non mancavano infine i cosiddetti “Radioemanatori”, contenitori che caricati con apposite dosi di radio, miscelavano lo stesso con l’acqua, restituendo così bicchieri di bevanda dall’alto potere curativo!

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Cosa dire poi di un meraviglioso bagno ristoratore effettuato con la saponetta “Radia”, bagno seguito poi da un massaggio con la “Radiocrémeline” o la “Tho-Radia” (era una crema particolarmente popolare e conteneva 0,5 g di cloruro di torio e 0,25. mg di bromuro di radio ogni 100g.) che garantivano una effetto rivitalizzante. Lo shopping stesso poi nei negozi, ci poteva portare a curiose esperenze come ad esempio nella scelta delle scarpe che, nei migliori negozi, non poteva essere eseguita senza prima aver effetuato un esame allo “Shoe-Fitting Fluoroscope”, una sorta di primitiva radiografia che permetteva così praticamente di scegliere con cognizione “la scarpa per il proprio piede”.

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Non mancavano inoltre i prodotti specificatamente curativi: tra essi, di particolare successo  in campo maschile fu il “Radiendocrinator”, il cui posizionamento nella zona genitale durante la notte, avrebbe con il tempo aumentato sensibilmente la virilità per la quale, in alternativa, era consigliata l’assunzione di un bicchiere al dì di “Radithor”.

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Per una più generica ripresa delle forze, magari dopo malattia o periodo di stress, vi erano le non meno efficaci “Vita Radium Suppositoires” o le miracolose pastiglie “Arium”. Per ricavare gli effetti più benefici, “Arium” doveva essere assunto regolarmente come indicato nell’apposito scheda posologica.
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Indicato per reumatismi neuriti, nevralgie e gotta, “Arium”, ovvero “…radio in semplici pastiglie innocue, porta sollievo velocemente ed anche in casi disperati. Inoltre, recenti indagini dimostrano che l’energia, la resistenza e la forza dei nervi dell’uomo medio possono essere aumentate del 100 per cento…
”. L’azienda proponeva nei primi anni di commercializzazione anche un rimborso in denaro in caso di mancata risoluzione del problema. Questa industria, sempre a base di radio, proponeva anche altri prodotti, tra cui il “Linarium” (un linimento), l’“Ointarium” (un unguento), il “Dentarium” (un dentifricio), e il “Kaparium” (un tonico capelli).
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Maria Curie rimase vittima della troppa dimestichezza con questo elemento così come i molti che abusarono dell’uso di questi prodotti in quanto l’assunzione praticamente incontrollata di radio od una prolungata esposizione ai suoi raggi, inevitabilmente portava alla formazione di patologie da esposizione radioattiva. Ciò era di tutta evidenza ed anche statisticamente individuabile prima degli anni cinquanta, ciò nonostante, fiduciosi che accanto al pericolo fossero sorte le debite contromisure scientifiche, si continuava a maneggiare sia il radio che elementi simili con estrema disinvoltura.
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E’ il caso della cosiddette “Radium Girls
”, ovvero delle operaie che pitturavano a mano con vernice fluorescente a base di radio (oggi si usa il trizio) i numeri degli orologi da leggersi di notte o certe strumentazioni navali o aeree che appunto necessitavano di essere utilizzate al buio, operaie che, in numero veramente considerevole, furono vittime di patologie da esposizione radioattiva, avendo l’abitudine di inumidire il pennellino che usavano con la lingua. La scoperta del radio aveva aperto le porte allo studio delle sostanze uraniche e ciò ben si confaceva anche alle teorie circa l’energia nucleare. Non era bastata l’esperienza accumulata con il radio ed elementi simili fino agli anni ’40 che, a partire dal 1951, venne messo in vendita il “Laboratorio per l’energia atomica”, una sorta di “piccolo chimico” che permetteva di realizzare in miniatura, una reazione nucleare. Per dichiarando che le quantità di materiale fissile non erano dannose per la salute, tale gioco restò in commercio fino al 1970, dotato, oltre tutto, di apposito modulo per la richiesta di ulteriore materiale radioattivo che, una volta ottenuta la fissione, poteva essersi esaurito. Con buona pace delle cosiddette “scorie”.

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Questo nostro curioso excursus attraverso l’ingenuità umana  può farci capire come, un certo tipo di cultura relativa alla sicurezza circa l'utilizzo di talune sostanze abbia poi permesso l’impiego delle stesse e degli isotopi da queste derivati, con una leggerezza che oggi, indistintamente, tutti portiamo come fardello. Come quasi sempre accade non sono le cose ad essere per loro natura  terribili e micidiali, quanto l’utilizzo scapestrato che ne viene fatto e la superficiale arroganza con la quale se ne dichiara la sicurezza. La scienza ormai ha imboccato una strada molto complessa, addentrandosi in uno studio dell'impiego della materia divenuto talmente sofisticato che potrebbe, ancora una volta, cambiare la vita dell’umanità. Tali scoperte andrebbero trattate con ben altro rispetto, con ben altra attenzione e prudenza perchè se é vero che possono, una volta controllate, produrre risultati incredibilmente potenti, altrettanto potente é il pericolo che é insito nel loro utilizzo. Sappiamo come la radioattività, specie in campo medico, dopo i goffi espedienti quasi da ciarlatano ambulante che abbiamo qui presentato, attraverso la medicina nucleare, abbia permesso, specie nel settore della diagnostica, di fare passi da gigante, così come sappiamo oramai tutto o quasi sugli incalcolabili danni che ci siamo procurati con la sperimentazione e l’uso sregolato nell'utilizzo di questa stessa scienza in altri campi applicativi. 

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Oggi, nel frattempo, di questi prodotti a base di radio, se ne é persa la traccia, non tanto per la loro ben dimostrata inefficacia, quanto per la loro certa dannosità. Un isotopo del radio tuttavia, il Radon, un gas che si forma con il decadimento del radio stesso, viene utilizzato al posto di quest’ultimo, ma questi più che “miracoli della scienza” sono i “miracoli dell’incomprensibile” laddove è acclarato che la disgregazione degli atomi di radon porti al danneggiamento del DNA ed a patologie cancerogene. Ma questa come si dice … è un’altra storia. La storia vera, quella dell’ultimo secolo in particolare, attraverso gli esempi riportati, ci ha fatto anche sorridere, ma serva soprattutto a riflettere ancora, laddove ve ne fosse bisogno, su quanto sia necessaria prudenza, professionalità ed un profondo senso etico (e molto meno interesse, sia pubblico che privato) nell’utilizzo delle meraviglie che la natura sembra metterci di volta in volta a disposizione.


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