Gli ennesimi episodi di violenza religiosa accaduti in Nigeria ci dimostrano un modo di fare culto che si trasforma in occasione di odio. Ogni atto che utilizza la fede religiosa, ossia un pensiero seppur irrazionale ma pur sempre raziocinante, nato per costruire la pace, a fini politici, ideologici, razzisti, di prevaricazione e di morte, è da condannarsi come atto dell’ignoranza e dell’intolleranza.
Non voglio e non intendo arrivare al punto di dover concludere, come altri fanno, che sarebbe la religione in quanto fanatismo, l’origine e la causa di tutto questo male.
Il credo in un Dio monoteista (le peggiori violenze sono sempre accadute dentro il monoteismo) non è di per se fonte di violenza e divisione; al contrario, lo spirito che dovrebbe ispirare l’appartenere ad una fede umanitaria, nata per l’uomo e per l’umanità, non può che essere conciliatore, votato all’integrazione e alla convivenza pacifica.
Quando questo non accade, e spesso non accade, è solo e sempre l’uomo il vero e l’unico colpevole.
Come dire, non è l’arma che uccide, è chi la impugna e la utilizza a scopi di morte.
Il pericolo più grande che consegue questi atti terroristici (tutti egualmente da condannare, da qualunque fonte provengano o siano mai provenuti nel passato) è che appunto si associa l’agente alla religione che lo ha armato in modo improprio.
Non bisogna cadere in questo errore.
Anche se di fatto crimini di questa natura forse non avranno mai fine.
Il vivere in un mondo molto imperfetto non è una buona scusante per fare di peggio e per assuefarci a pericolosissimi luoghi comuni.
Un uomo di fede faccia l’uomo di fede, porti questo spirito di tolleranza verso il prossimo nel suo operato quotidiano, non abbia mai a dimenticare d’essere chiamato a rappresentare la pace, e abbia a condannare sempre qualunque atto di violenza.
I cristiani ennesimamente uccisi questa volta hanno reagito. Non sono in grado di non comprendere la difesa di chi si trova sempre attaccato e non riconosciuto, però i popoli che assistono a questi eventi, la gente comune che vive direttamente queste tragedie, dovrebbe aprire gli occhi ed il cervello, ammettendo tutti le proprie responsabilità. Per chiedere di conseguenza giustizia.
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