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Quando le lacrime toccano terra non c´é piú nulla da fermare

Da Leggere A Colori @leggereacolori
Quando le lacrime toccano terra non c´é piú nulla da fermare

Sfiorava i tasti imperfetti del vecchio piano come nei suoi sogni. Era una scena che aveva aspettato piú di venti difficili anni, fermo, paziente dall´angolo dal quale partiva ogni volta per cercarla. Avvolta in un abito da sera non piú nuovo ma dignitoso e i capelli raccolti in un chignon stretto e stanco eseguiva un pezzo di Chopin, un notturno dolce e malinconico che teneva il pubblico del lounge con un occhio verso le proprie donne e un orecchio verso il piano. Il weekend ci scarrozza per locali e gente in profumo, tutti con la stessa disperata voglia di dimenticare qualcosa. Era l´ennesimo tentativo tra i tentacoli di Londra, un cerchio sull´elenco dei locali in esercizio. Chiamare uno ad uno era fuori discussione, meglio non dare nell´occhio in questi anni di sospetto. Restava presentarsi lí, vestito come sempre per le grandi occasioni ma non troppo, come se le vere occasioni fossero passate ma é comunque da un vita che si cammina pronti ad incontrare ció che ci appartiene.

Lei adorava i notturni e sebbene suonasse dall´etá di vent´anni non li suonava mai meccanicamente. Ogni volta era una storia giá raccontata ma spiegata diversamente. Sfiorava i tasti come con la paura della prima volta. E poi la serata finiva, e un´altra. Le serate degli altri che poi erano parte di una sua che non riconosceva, quelle coltri di fumo e le risate non sempre dosate, l´ammiccamento e il mostrare piú di quello che si é. Quanto a lui, dopo aver varcato la soglia e poi il fumo si confrontava con un sogno. E non aveva fatto le prove, non si é mai pronti a quello e niente é come si immagina. Lei vedeva solo i tasti e sentiva solo la vibrazione delle corde appena nata. A lui gli si apriva un mondo chiudendosene un altro e nel mezzo passava tutto per la pancia. Non era poi cosí cambiata dal ´64, i lineamenti si erano addolciti e portava ancora la primavera di Praga nei capelli scuri. Lei era scappata da tutto e dalla famiglia sopratutto. Cosí era diventata una brillante pianista che lavava i piatti di una bettola frequentata da poveracci in cerca di illusioni e senza paura del domani. Era sopravvissuta a quella incoscienza incidendosi forte i ricordi del passato e la miseria in cui non voleva tornare.

Londra era una casa per lei, un´immensa casa dove volteggiare senza che nessuno ti chiedesse perché e chi sei o quale sia la tua strada. Londra accettava tutti forse, un pregio e un difetto, ma comunque un´opportunitá. Poi aveva trovato un pianoforte che le piaceva al negozio degli strumenti Benson & Sons e ogni Lunedí, il suo giorno libero, chiedeva di provarlo con il disappunto del proprietario che si chiedeva cosa mai potesse essere cambiato dalla settimana scorsa. Lei tornava a vivere. Suonava sempre il notturno 20 di Chopin, e si perdeva e si piaceva. Viveva. Finché un giorno un cliente la sentí suonare e sopratutto sentí la musica che lasciava nelle pause e capí che era come la prima volta. Un miracolo, nessuno suona con l´emozione della prima volta e la bravura della centesima. Cosí finí a suonare pezzi classici alternati a rivisitazioni pop orecchiabili in uno dei lounge piú esclusivi e cari non molto distante dal London Eye.

Quando le lacrime toccano terra non c´é piú nulla da fermare

La sala trattenne il respiro. Era ancora un notturno 20 di Chopin. Come sempre nuovo, reinventato ma rispettato con dolcezza. A volte si fermavo anche i camerieri, sebbene sentissero i pezzi tutte le sere, in segno di rispetto. Perché quella era grandezza e loro non si stancavano mai di contenerla. Gustav ondeggiava con lei e si diceva che il tempo non é capace di rubare le cose che non ci siamo mai dati. Aveva un amore per lei, aveva una vita diversa, qualche chilo in piú e i baffi e un ginocchio scricchiolante. Ma l´amore c´era tutto dai tempi di Praga quando lei gli disse solo "forse". Forse. Il notturno finí, qualcuno ebbe un brivido, qualcuno ricacció le lacrime per orgoglio, qualche altro si alzó in piedi ad applaudire. Per un attimo non esistevano pensieri e guai al mondo, non esistevano piani e scuse. La musica aveva raggiunto il suo scopo. Gustav sarebbe voluto andare a riprenderla, di pancia. Avrebbe voluto dirle solo che quel "forse" dopo vent´anni era diventata un´altra cosa che si chiama opportunitá, come la Londra che conoscevano, ed era cambiato il mondo, le strade e i vestiti ma loro c´erano ancora per tenersi. Poi vide sulla sua mano brillarle la fede e capí che quel "forse" aveva in realtá una data di scadenza e lui era mancato a quell´appuntamento. Fece tre passi indietro. Si voltó prima che lei potesse vederlo.

Poco importa che lui ignorasse che quella era la fede marito di lei, morto di malattia giá da sei anni, che lei teneva per ricordarlo ogni giorno e per tenere alla larga i seccatori. Poco importa che a volte ci facciamo ingannare dai piccoli gesti e dalle parole, perfino dalle azioni delle persone e poi le perdiamo o non le capiamo e le giudichiamo. Poco importa perché siamo a galla e toccheremo infine nuove sponde. E conta solo questo.

Tutti piangono, qualcuno anche con le lacrime. Gustav passeggiava nella notte umida di Londra illuminata da insegne cosí stupide e insensibili al dolore da ricordarti cibo, vestiti e proporti luce a colori. Cercava di ricordala, di ricostruire l´ultimo pensiero e conservarlo, e mentre lo faceva si accorse che silenziosamente piangeva, ché era la cosa piú naturale da fare anche se era un uomo. Le lacrime cadevano sul cappotto e proseguivano chissá dove ma in realtá lui le avrebbe conservate insieme al ricordo. Loro due erano come calzini spaiati, come una malinconica canzone di un carillon inceppata, una cicatrice. Chiuse gli occhi. Anche quello sporco Tamigi poteva sfuggire via. Non c´era piú nulla da fermare.

Trattenne il respiro, con un cuore stanco e gli occhi lavati, e le disse, a lei che avrebbe costruito i suoi ricordi: "perdonami, il mio ritardo non é quello del cuore". Cosa c´é di infinito se non il ricordo eterno di ció che ci si é promesso e non dato. Poi si riprese e si disse che avrebbe ripreso a vivere, ma non ora, che comunque, ora, non c´era piú nulla da fermare.


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