Quando le parole dei bambini vengono dal futuro.

Da Jessi

Bibi

“Cammina in punta di piedi, perché cammini sui miei sogni” (W.B. Yeats)

Da un po’ di tempo, è la mia impressione, quando si parla di “politica”, anche tra amici, si tende a distinguere. Si distingue quella che conosciamo tutti, la percezione comune, da quella che era, o si pensa fosse, in origine. Per questo, parlando di politica se ne ricorda spesso anche l’etimo, il senso originario di “appartenza, partecipazione, condivisione per il bene di tutti”.

Invece che partire dal passato, ho pensato che sarebbe bello provare a parlarne dal futuro. Da ciò che la politica non è, probabilmente non è mai stata, ma che forse potrebbe essere.

Da dove iniziare? Forse, parlando di persone, e non di “Paese”, o “popolo”. Termini che mi suscitano molto sospetto, specialmente se, quando molti politici li usano, se ne estromettono. Perché esiste questa frattura nel discorso di molti dei nostri rappresentanti: “Quello che la gente vuole… Quello che gli italiani vogliono…” Loro non sono nel novero degli “italiani”?!?

Questo uso mi fa pensare che occuparsi di tutti significhi troppo spesso non occuparsi di nessuno.

Un “noi” e qualche pronome singolare “tu, lei, lui” non ci starebbero per niente male. Significherebbe che stiamo parlando tra persone e, soprattutto, tra persone che vivono la stessa Storia, nello stesso Paese.

Ed ecco che nel mio peregrinare intorno a questa parola, mi viene in aiuto mia figlia, 28 mesi, come parlasse dal futuro.

Bibi mi parla dal futuro, e non solo ai miei occhi- perché sono la sua mamma e faccio tutto guardando avanti, guardando a ciò che noi potremmo essere e fare per lei, come immagino facciano anche tante altre persone.

Lei parla dal futuro anche perché non ha uno sguardo ancora oscurato dal tempo presente, che ci possiede e tiene stretti; né dal tempo passato, che troppo spesso ci fa sentire le cose come già scritte.

Lei parla dal futuro perché, quando venerdì sera, dopo essere stati dalla nonna, facciamo una gara per vedere chi arriva prima all’automobile, e poi le dico “Brava! Hai vinto!”, lei mi corregge, sicura e con un po’ di indulgenza: “No, mamma, abbiamo binto tutti infieme!!”

E la riconosco, ora che lei la dice, la lettura della “politica” che viene dal futuro, negli occhi e nelle parole di una bambina che vede la vittoria non nell’arrivare, o arrivare per primi, ma nell’arrivare alla meta tutti insieme.

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