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Quando leggevo la fantascienza....

Creato il 19 maggio 2011 da Gianna
Quando leggevo la fantascienza, tanti anni fa, avrei voluto vivere quelle incredibili avventure, rese possibili da una tecnologia di un futuro immensamente lontano. Il fascino dei robot, dei viaggi nello spazio e nel tempo... allargavano i confini del mio piccolo mondo provinciale. I robot progredivano, raggiungendo la quasi perfezione con gli androidi... ma la comunicazione, la trasmissione dei dati, il contatto con la mente di altri... tutto avveniva con mezzi "modesti", con radiofrequenze o al meglio per via telepatica, per esseri evoluti superiori a noi umani. Direi proprio che la fantascienza INTERNET NON L'HA PREVISTA!
Almeno fino a quando io ho letto fantascienza, dopo è arrivato il computer e il futuro è cominciato davvero. Tuttavia la cosa è stata graduale, molto lenta, IO NON ME NE SONO ACCORTO! Voglio dire: sono nato che nemmeno c'erano i telefoni, in casa arrivò, con me, una radio! Ho vissuto per decenni con il telefono... e basta, comunicando con qualche amico e niente più. Poi, pian piano, e cambiato tutto, è successo un miracolo: oggi posso parlare con il mondo intero, posso vedere ogni cosa che succede dappertutto in tempo reale... ma io dov'ero quando tutto questo è successo?! Sì, io vivo oggi nel nuovo mondo, ma per quale motivo non ne sono stato travolto, come mi travolgeva la fantascienza cinquant'anni fa? E' la realtà, la quotidianità, la noia e la lentezza del tempo reale, quello di tutti giorni, della vita ripetitiva e faticosa. E' questa che appiattisce tutto, e impedisce di vivere ciò che è favoloso: la sorpresa. Per vivere la favola bisogna caderci dentro, di colpo, senza preavviso... oppure pensarci, capire, sapere che sono, che vivo, in un altro mondo, favoloso appunto! Ma e... Berlusconi? Già, questo non ci voleva, è pressappoco inimmaginabile, ma tutt'altro che romanzesco, tuttavia posso sempre rifugiarmi qui, dove la mia amica Gianna mi ha ospitato, e anche altrove, dappertutto e contemporaneamente... nel mondo reale si direbbe una specie di ubiquità.
Ma qui dove siamo?

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