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Quando mentire diventa un reato

Creato il 17 ottobre 2013 da Ideaoccidente

Arbeit-macht-frei3Non potendo far altro, il nostro parlamento si diverte a trasformare il codice penale in un breviario di reazioni umorali scomposte e incoerenti tra di loro. Dopo il femminicidio e i disordini del caso Priebke, si è ormai capito che l’ansia di resuscitare cose ormai morte, fra cui lo stesso Priebke, è viva in tutto il paese. E perciò si è subito provveduto a rispolverare, ampliando e inasprendo le pene ad essa connesse, la categoria dei reati d’apologia.

Ora, chi legge deve sapere che in una legislazione moderna i reati d’apologia sono come dei vecchi ammalati pronti a crepare da un momento all’altro. Ma non paghi di ciò, i nostri politici hanno voluto indietreggiare oltre la retroguardia, e con doppia nostalgia del passato, stanno cercando di introdurre all’art. 414 del codice penale una sanzione per chi “nega crimini di genocidio o contro l’umanità”.
Insomma, un reato d’opinione come non si vedevano dai tempi in cui Priebke indossava la divisa. Un coniglio morto dal cappello del passato.

E non conta il fatto che illustri intellettuali, giuristi e storici, si siano da tempo schierati a sfavore di una simile proposta, ormai non più originale. Né conta la sua strutturale contrarietà rispetto alla Costituzione.

Banalmente, sanzionare un’opinione, seppure assurda e inaccettabile, è contro la libertà d’espressione. L’art. 21 primo comma Cost. non ammette limitazioni a riguardo. E poi: che significa negare crimini di genocidio o contro l’umanità? Solo ridimensionarli o contestualizzarli? Oppure negarli e basta? E quand’è che un crimine è contro l’umanità? E quanti morti occorrono per fare un genocidio? Tutte valutazioni improvvidamente rimesse al giudice, che in tal modo si fa legislatore. Peccato però che egli non possa, in virtù del principio ex art. 25.2 Cost, legiferare in materia penale né ricorrere a interpretazioni elusive. E che dire dello strappo al principio d’offensività, il quale implica la necessaria presenza di un bene giuridico leso dalla condotta incriminata? Si dirà che esso coincide con il pubblico scandalo o la memoria storica. Ma che è il pubblico scandalo, cos’è la memoria storica? Un cane che si morde la coda.

Per quanto si cerchi di calcare la mano, oltre quindi a essere retrograda, questa previsione è illiberale, imprecisa, infondata, indeterminata e incostituzionale, oltre che impossibile in un paese moderno. Invece che bandire le menzogne, una civiltà avanzata dovrebbe isolarle ed escluderle democraticamente, con le armi della cultura e della ricerca scientifica, e mai con il diritto penale. Peraltro, è proprio il ricordo di quel massacro a consegnarci ancora intatta questa verità: che di quel tanto si comprimono le libertà politiche fondamentali, di quel tanto lo Stato regredisce in tirannide.

Non sarà certo una stretta minoranza di invasati, di facinorosi o nostalgici, a scalfire la coscienza storica della Shoah, solidissima in Italia e in Europa. Sempre che questa si conservi liberamente, come liberamente si era formata.

Michele Spina


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