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Genere: zombie Se ti piace guarda anche: Pleasantville, Edward mani di forbice, Beetlejuice, The Walking Dead
I film e le serie tv con protagonisti zombie e vampiri diventano automaticamente oggetto di culto. La loro qualità non è importante. Anzi, spesso più è bassa e più il loro seguito cresce, vedi il successo di Twilight o un Underworld che ha già prodotto finora ben 4 episodi 4 senza motivo apparente. Vi siete mai chiesti perché attirano tanta attenzione? No? Buon per voi. Io invece me lo sono chiesto. Se i vampiri sono creature affascinanti, poiché forever young, gli zombie invece hanno in apparenza ben pochi motivi d’attrazione. Sono degli esseri inutili, si muovono lentamente, manco parlano, sono brutti come la fame… Eppure The Walking Dead è la serie più seguita sulla tv via cavo americana, i film di Romero sono stracults, Resident Evil è diventato uno dei videogiochi di maggior successo ever e ha generato persino una (orrenda) saga cinematografica. Eppure, gli zombie incuriosiscono probabilmente per una ragione principale: sono la risposta data dalla fantasia al mistero più grande di tutti, quello della vita dopo la morte. Gli zombie sono vivi o sono morti?
È quanto si chiede il bimbo protagonista di questo Fido. La pellicola è ambientata negli anni ’50, dentro sobborghi americani tipicamente stilizzati alla Pleasantville/vecchie sitcom a stelle e strisce. Un unico dettaglio non torna nel solito schema che siamo abituati a vedere: ci sono gli zombie. Nel passato distopico immaginato da questo fanta retrò film, a causa di una nube tossica di provenienza aliena, i morti possono tornare in vita. Ciò ha provocato una lunga e sanguinosa guerra mondiale, in cui alla fine i vivi hanno avuto la meglio sui non-morti, o non-vivi, o morti viventi, o morti dementi, o come preferite chiamare i cacchio di zombie.
Zombie Zombie Zombieeeeooo-eooo-uuuuuu
Ok, grazie Dolores dei Cranberries per il tuo contributo vocale. Ora tornatene a cuccia come un cucciolo fido. E a proposito, Fido è il nome dello zombie personale del bimbetto protagonista. Al termine della guerra tra umani e zombie, come dicevamo prima dell’intervento musicale della O’ O’ E’ O’ U’ U’ O’ Riordan, i non morti sono stati addomesticati tramite un collare da cani che reprime i loro impulsi violenti. Qualcosa del genere accadeva anche al vampiro Spike in Buffy, stagione 4 se non ricordo male. Gli zombie sono quindi usati come schiavi, camerieri e inservienti vari, un po’ come le persone di colore all’epoca. Su questa tematica razziale il film avrebbe potuto osare una riflessione più approfondita, ma alla fine preferisce giocare la sua partita sul campo della innocua commedia eccentrica, anziché tentare interpretazioni troppo sociali. Tutte le famiglie benestanti possiedono vari non-morti come schiavetti, mentre Fido è il primo e unico per la famiglia del bambino protagonista, poiché suo padre ha una paura fo**uta degli zombie, per quanto resi innocui dai collari. Collari che in effetti non si riveleranno troppo affidabili, e così nella tranquilla cittadina cominceranno una serie di sparizioni e di omicidi…
Ve la state facendo sotto? Pensate che il film a questo punto si trasformi in un agghiacciante e sanguinoso thriller? No, tranquilli. Le cose non vanno così. Fido si mantiene sulle coordinate della comedy dal forte gusto retrò. Tutto perfetto, tutto preciso, tutto carino, però allo stesso tempo il film non morde mai. Non come ci si aspetterebbe da una pellicola zombie. Parte da uno spunto curioso e abbastanza originale, ma lo sviluppa in maniera prevedibile e ordinaria. Non straborda né nell’horror, né nel thriller, ma nemmeno come commedia funziona davvero. Non fa ridere, non commuove come a un certo punto sarebbe lecito pensare, attraverso una possibile love story tra lo zombie e Carrie-Anne Moss, accenna qualche riflessione interessante sia sulla condizione dell’essere uno zombie, così come sull’ipocrisia dell’apparentemente perfetta e ordinata società americana, eppure non ha il coraggio di andare fino in fondo e mettere a segno qualche colpo. Fido resta così un filmetto fedele e caruccio come un cane da passeggio, senza la forza di un rottweiler o il morso di un bulldog. Una visione piacevole, ma che non si trasforma in un cult. E sì che quando si parla di zombie, il cult scatta quasi in automatico. Sarebbe stato interessante vedere cosa avrebbe cavato fuori da una storia del genere Tim Burton. Intendo il Tim Burton vivo dei vecchi tempi, non quello trasformato in zombie dalla Disney delle ultime opache pellicole. Comunque, la riflessione più bella sugli zombie io l’ho trovata non in un film su di loro, bensì in una serie tv sui paramedici, Saved, dove il protagonista diceva: “Forse ho scoperto quello che hanno gli zombie di bello… Dentro non sentono niente. Vanno avanti e basta.” (voto 6+/10)
Sdangher!
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