Cercare notizie relative alla storia della nostra valle, ti porta a scoprire aspetti poco piacevoli ma non per questo non importanti e da tenere nascosti. È quanto mi è accaduto qualche giorno fa quando, ho scoperto un brano che racconta le condizioni di salute degli abitatori dell'alta valle nei primi anni dell'ottocento. Il quadro che ci viene descritto non è confortante, il degrado e le pessime condizioni igieniche ne sono la causa. La fonte è il Journal complémentaire du dictionaire des sciences médicales, Volume 4 del 1819. In questogiornale complementare, viene condotto uno studio sulle famiglie esistenti di lebbrosi nell'Europa Meridionale. A pagina cinque di questo tomo, si parla della nostra valle. Ho chiesto all'amica Nadia Veziano di tradurmi le pagine che parlano appunto di queste zone. La ringrazio per la sua collaborazione.
L'unica riflessione che mi viene da fare riguarda la considerazione di questa malattia come una malattia ereditaria, credenza che fino il XIX secolo sembrava veritiera e, come leggerete nel brano, anche qui creduto a discapito della verità. La lebbra è una malattia contagiosa dovuta ad un batterio. Ma questo fu scoperto più avanti. È la prima volta che leggo della presenza di questa malattia nella nostra valle, se qualcuno che mi legge possiede memorie tramandate, voglia cortesemente scriverlo.
[...] GIONALE COMPLEMENTARE DEL DIZIONARIO DI SCIENZE MEDICHE VOL.4 DEL1819.
Entrando nella valle del NERVIA, dopo Ventimiglia, trovai a Isolabona, Dolceaqua ed Apricale la maggior parte degli abitanti, poveri e ricchi, affetti da vesciche pruriginose, da croste vivee farinose che chiamavano "mal salso ", e che consideravano come sali che fuoriuscivano normalmente dal loro corpo. Io ne attribuii la causa all' aria calda e umida della valle, alle acque stagnanti del torrente che la attraversa e alla sporcizia delle abitazioni e delle persone; indicai ai sindaci, ai preti e a quella specie di medici che mi accompagnavano da un comune all' altro, come bagni salutari, delle acque minerali sulfuree che scprii lungo la strada.
Arrivai a Pigna, grosso borgo in cima alla valle, proprio il giorno del CORPUS DOMINI, un'ora prima della processione, e le processioni mi sono sempre state utili per giudicare l'insieme di una popolazione; mi sistemai nel posto migliore per vederla sfilare e in mezzo ad un gran numero di persone vidi diversi visi deturpati da escrescenze orribili e dallo sguardo selvatico. Questa visione mi turbò profondamente e divenne l'argomento delle prime domande che rivolsi alla riunione generale dei notabili che avevo convocato in virtù delle notizie delle quali ero portatore. Venni cosi a conoscenza, dalle risposte che mi furono date, e dai registri pubblici che consultai, come al solito, che c'erano ancora a Pigna 4 famiglie discendenti di vecchie famiglie di lebbrosi, che si erano stabilite nella zona, e che a Castelfranco(Castelvittorio), paese su un'altura vicina, ve ne erano quindici o sedici: che per un abuso di legami consanguinei, questa malattia si trasmetteva di generazione in generazione, ma che non si trasmetteva per frequentazione, nè per contatto; che cominciava a manifestarsi verso i 25 anni e colpiva persone fino ad allora perfettamente sane; che il suo sviluppo era all'inizio lento ma in seguito la lebbra aggrediva velocemente e verso i 45 anni il malato moriva; e che a Pigna ne morivano mediamente 2 o 3 all' anno.
Visitai senza tardare i soggetti affetti che vidi alla processione e andai in seguito a Castelfranco dove annotai con la mia matita i tubercoli e le altre caratteristiche specifiche della lebbra che ebbi modo di vedere[...].