Avete mai scritto pensierini o poesie da regalare a mamma o papà, magari alla maestra o perfino alla bambina bionda del banco davanti al vostro?
Se non l’avete già fatto, ma vi piacerebbe, c’è un poeta famoso che vi potrebbe dare qualche “consiglio”.
L’ultimo è: cominciate a buttare giù qualche frase, senza per il momento preoccuparvi troppo se piacerà a chi manderete il bigliettino. L’abilità si acquista con il tempo. E la pratica. Scrivete spesso. Dove vi capita. Tenete sempre a portata di mano un block-notes e una penna, perché il momento in cui vi viene in mente una frase “da ricordare” e regalare agli altri è sempre magico.
Il primo consiglio è invece: leggete più che potete, perché è solo leggendo che la scrittura sarà sempre un gioco. E magari iniziate dai “pensierini” del poeta che, più di tutti, si è sempre divertito un mondo a regalare parole: Giacomo Leopardi. A scuola ci insegnano che era pallido, gobbo e solo. Una bugia grossa come una casa. Da bambino, duecento anni fa, Giacomino era vivace, allegro, disubbidiente. Come noi. E come noi non ha mai sopportato la minestra.
Da piccoli, i fratellini Leopardi (ci sono anche Carlo e Paolina) vengono imboccati con un cucchiaio dalla mamma Adelaide. Se la minestra è troppo calda, i bambini urlano «Mamma, scotta!». Per tutta la vita, il poeta non cambierà idea: Abbasso la minestra! Ma anche: Viva i dolci! A tavola, essendo il maggiore dei fratelli, siede accanto al papà Monaldo e aspetta che qualcuno gli metta il cibo nel piatto, senza mai prenderlo da solo. Non usa il coltello. Se la pietanza deve essere tagliata, cerca di spezzettarla con la forchetta, finendo spesso per romperla.
Duecento anni fa non c’era ancora la televisione. E nemmeno la playstation. E il tempo come si passa? Raccontando favole. Giacomo corre sempre dietro a tutti e li assilla fino a quando non gli raccontano una storia e poi un’altra e un’altra ancora. Gli piacciono soprattutto quelle “horror”, con fantasmi, streghe e mostri. Non le dimentica tanto facilmente. Di notte, si tira le coperte fin sopra i capelli con la paura di sentire qualche rumore sconosciuto.
Se non piove, tutti in giardino a divertirsi. Quando sembra che le nuvole abbiano la forma di una persona, Giacomino le indica ai fratelli, che ridono divertiti. Tra i passatempi preferiti dai bambini, anche uno inconsueto: “Giochiamo alla Messa”. Viene preparato un altarino e il ruolo del prete viene dato alla sorella Paolina, soprannominata “don Paolo”. Ma a Muccio (il suo diminutivo preferito) piace ovviamente anche correre e saltare, sia nei cortili del palazzo di Recanati (nelle Marche) dove abita sia in campagna, dove fa la lotta e a pugni con fratelli e cugini. Anche se è magrolino, vuole mostrare a tutti che è il più forte e coinvolge parenti e amici in tanti giochi: palla, corsa, ginnastica, tombola, carte, soldatini e scacchi.
E i fratellini Leopardi come vanno a scuola? Molto bene. Si fa vacanza solo d’estate, tra il primo e il secondo semestre e per le feste religiose. Giacomo ha imparato molto presto a leggere. I libri li prende dalla biblioteca di casa che, grazie a papà, è sempre più grande. I primi esercizi di scrittura, poi i pensierini e le poesie. Muccio è cresciuto e, regalando parole che sono ancora magiche dopo duecento anni, è diventato il famoso poeta che tutti conosciamo.
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