Se fingi di non ricordarti di una persona quando la incontri a distanza di vent’anni obiettivamente non ci casca nessuno. Le bugie di questo tipo hanno altro che gambe corte. Hanno gambe fiaccate dalla flebite e strette in calze contenitive color carne, e a malapena riescono a muovere un passo, tanto per iniziare. Questo perché si è accorciato tutto e tutto è a portata di mano in questa dimensione che ha Internet come unità di misura, hai voglia a dire che l’universo è in espansione. Potete risparmiarci la scena che non riuscite a collocare persone in situazioni perché si fa fatica rovistare nel passato, un po’ come quando uno è in macchina, deve prendere qualcosa dietro ma ha le cinture e non ci riesce perché non può slacciarle. Possiamo solo simulare l’efficacia di atteggiamenti come questo nella narrativa o al limite raccontare balle a quelli che si bevono ogni cosa. Me, per esempio.
“L’idea mi è venuta l’ultima volta in cui sono stato da Mino per tagliarmi i capelli”, mi dice Bianchi, e se Bianchi lo chiamo per cognome un motivo ci sarà. Io e Bianchi ci conosciamo dalle elementari e Mino è il nostro parrucchiere da allora, anzi lo è stato fino a quando ha chiuso definitivamente bottega. “C’era Morra appena uscito da uno shampoo ma visto al contrario allo specchio, lui che è così asimmetrico, mica l’ho riconosciuto”. Le facce dei clienti uomini in momenti come quelli sono infatti già di per sé irriconoscibili, deformate da occhiaie e pettinature provvisorie utili solo a chi taglia i capelli e si deve concentrare su una porzione di testa ben circoscritta. Quando usavo la riga da una parte, per dire, mi sembrava persino che mi facesse male se Mino mi forzava il ciuffo dal lato opposto, ma onestamente ero più preoccupato che l’essere tutto al contrario potesse diventare una condizione permanente.
Morra – è un nomignolo – dopo il liceo era entrato in Polizia ma prima di indossare la divisa era noto per essere il fornitore di droghe leggere più falso della zona. Bianchi ed io cercavamo di evitarlo già da allora ma più per il suo aspetto repellente che per il suo modo di racimolare soldi per i vizi – avete presente quelli secchi, con la faccia butterata e i riccioli fittissimi che indossano abbigliamento sempre troppo largo? Poi una sera, fuori come non so che cosa, si era divertito a storpiare il mio cognome in modo infantile – eravamo ragazzini. Tutti ridevano e io ero andato su tutte le furie. Un episodio che a Bianchi non risulta nemmeno ma a me si. C’era Morra con la chitarra dodici corde che suonava i pezzi di Vasco degli esordi cambiando le parole e componendo parodie sui difetti altrui.
Bianchi mi dice che stava raccontando a Mino i progressi di sua figlia quando sente la voce di Morra intromettersi nella conversazione. “Allora l’hai trovata una che ti ha scopato”, gli fa. Ora non hanno molta importanza i dettagli su come è finita tra Bianchi e Morra seduti nel negozio di Mino, che tagli hanno deciso di farsi fare e se Mino al termine della prestazione abbia rilasciato a entrambi lo scontrino, anche se sono pronto a scommettere di no. Aggiungo solo che Bianchi assume quell’espressione che gli viene quando deve concentrarsi e che induce a tutti la speranza che abbia capito qualcosa e dice una cosa tipo “Sai che non…” e per fortuna che interviene Mino, è anche il suo ruolo fare da intermediario tra i clienti. “Ma come, non conosci Morra?”. Ecco, allora ci ho provato anch’io con Mario. Malgrado avessi cambiato marciapiede pur di evitarlo, Mario mi ha chiamato e si è sbracciato pure per salutarmi pur avendo con sé la sporta della spesa. Ho stretto gli occhi come a simulare un calo della vista da lontano e Mario, che tutto sommato è sempre stato umile a suo modo e sa di non essere mai stato indispensabile, ha sollevato il collo come a mostrare meglio il capo e ha dichiarato ad alta voce nome e cognome, tanto che a quel punto non ho avuto altra scelta.