Durante il Festival della Corrida tenutosi nel nord della Colombia, due uomini sono morti e quindici persone sono state ferite gravemente dai tori (QUI il video). Mi dispiace? Assolutamente no.Quando si pronuncia la parola CORRIDA non bisogna pensare ad una colorata arena in festa, ad un'espressione artistica o folkloristica di stampo spagnolo e sudamericano. Bisogna pensare e proiettare nella mente la lenta agonia di un povero toro sacrificato per compiacere centinaia di stronzi paganti. Tanto per capirci, il toro è un erbivoro alquanto pacifico, che trascorre le giornate pascolando. Un bel giorno poi, verso il quarto anno di vita, si ritrova scaraventato nell’incubo più atroce: la corrida. In una costosa arena, attorniato da sguardi che bramano sangue, il povero toro viene trafitto dalle picche (che provocano dolore ed emorragie), da arpioni travestiti da bandierine colorate (che dilaniano i muscoli), dalla spada e dai coltelli (emorragie polmonari e soffocamenti) finchè ad un certo punto, agonizzante e dolorante, stramazza al suolo e il suo cuore smette di battere tra applausi, incitamenti e complimenti al torero aguzzino. Spesso, prima di esssere trascinato via, al toro vengono tagliate le orecchie e la coda (i trofei del torero) mentre magari non è ancora morto, è paralizzato ma ancora cosciente.
Come se non bastasse, nelle ore che precedono il suo ingresso nell’arena, il toro viene tenuto al buio, drogato, purgato, picchiato sui reni con sacchi di sabbia. Le zampe vengono cosparse di trementina per impedirgli di star fermo, gli occhi spalmati di vaselina per annebbiargli la vista. Nelle narici e nella gola viene infilata della canapa per rendere difficoltosa la respirazione, mentre nelle carni aghi vengono iseriti degli aghi che ovviamente gli procurano ulteriore dolore. E poi qualcuno si dispiace per il torero incornato o morto dissanguato...