Ho inserito la canzone perchè mi ha accompagnato come sottofondo per tutto il tempo della redazione dell’articolo. Provate a leggere avviando il video e probabilmente leggerete le mie parole provando le mie stesse sensazioni. Buona lettura.
Le immagini erano sotto gli occhi di tutti, senza ombra di dubbio e senza dare adito ad altre interpretazioni. Sempre le stesse da un bel pò di tempo, sempre le stesse a riempire le pagine dei giornali e dei telegiornali. Quelle immagini raccontano storie che spesso si fermano, come piccoli tasselli sacrificabili in una scacchiera grande, troppo grande. Come frutta matura che cade dagli alberi, loro cadono senza far rumore e senza richiamare l’attenzione di chi sa che esistono ma chiude gli occhi, per compassione o per scrollarsi da dosso colpe che, a torto, pensa di non avere. Tutti sanno che quella è frutta che quando è troppo matura cade ma non c’è mai nessuno a raccoglierla.
Altre persone che si aggiungono alla lista infinita di morti.
Altri morti, passati inosservati come sempre, che viaggiano in condizioni disperate per fuggire da stenti e sacrifici che tutta la popolazione europea messa assieme nemmeno immagina lontanamente, forse solo i nostri nonni conoscevano quelle condizioni. Un numero spropositato che crescerà sempre di più, crescerà senza ombra di dubbio, soprattutto per l’indifferenza generale; di indifferenza infatti nel nostro paese ne abbiamo davvero tanta.
L’indifferenza, quella che portò Moravia a scrivere “Gli indifferenti” proprio per evidenziare la profonda inerzia individuale che porta pochi ad esplodere per una sollecitazione morale della propria coscienza, mentre la maggioranza delle altre persone si siede comoda e si gusta lo spettacolo, che poi diventa parte integrante delle loro vite, però queste sono mobilissime a seconda del contesto che cambia, proprio per evitare di essere in minoranza. Incorniciando poi il tutto con l’imperituro “Odio gli Indifferenti” scritto da chi ha conosciuto sulla propria pelle l’emarginazione e la sofferenza come risultato della più strenue opposizione al potere che imperante si diffondeva in Italia, si può rendere perfettamente l’idea della difficoltà di un discorso inverso nella nostra nazione.
Così accade che essere dalla parte della tutela dei diritti inalienabili comporta una selezione degli individui che richiedono quella solidarietà, che più passa il tempo e più resta un mero ricordo negli occhi delle persone che hanno i loro corpi cosparsi di rughe profonde. Una selezione che si basa sull’appartenenza a questa oppure ad un’altra comunità, come se il richiamo originale non fosse più il genere umano ma una serie di sottocategorie, che al loro aumentare, di rimando, fanno crescere le discriminazioni al loro interno.
Quelle discriminazioni sono sempre alimentate dalle paure ataviche che hanno caratterizzato la razza umana e nonostante questa sia riuscita a sopravvivere per oltre duemila anni non è mai riuscita ad allontanarsi da quella voglia profonda della discriminazione, dell’evidenziazione delle sue differenze rispetto agli altri appartenenti allo stesso genere umano, che spesso e volentieri è alimentata da basi superflue che potrebbero facilmente essere superate tramite un uso adeguato della ragione.
A quelle di oggi si aggiungono quelle del passato ed è davvero difficile ritrovare nella storia un’era umana in cui questo non sia accaduto ma oggi dovrebbe essere diverso, innanzitutto, perchè oggi, più di prima, la soglia della fruibilità dei diritti si è abbassata decisamente rispetto a prima e poi perchè, oggi, l’idea di nazione si è trasformata. Proprio le migrazioni hanno influenzato questo lento cambiamento, frantumando l’idea di razza pura ed aprendo la possibilità all’estremo melting pot in ogni nazione del mondo.
Ed è proprio così che quelle che sono le proprietà inaleniabili degli esseri umani passano in secondo piano, certo non dappertutto, ma in buona parte del pianeta è così che funziona.
E quindi si arriva, giustamente, a solidarizzare per una nave che lentamente si inabissa e porta con sè le speranze dei viaggiatori, che erano lì per trascorrere un pò di tempo con i propri cari, divertendosi, e che mai avrebbero immaginato quella tragica fine, bambini, figli, padri, mariti, mogli e donne tutti accomunati dalla natura conviviale della loro presenza su quella città in mare…ma lo stesso non accade con una barca più piccola, più brutta decisamente, meno raffinata e decisamente più affollata. La differenza è nella pelle di quelle persone e nelle speranze che si legano a quel viaggio, un viaggio che nella maggior parte dei casi non finisce bene. Un viaggio che a differenza dell’altro inizia mesi e mesi prima, nel deserto di sabbia e terra, sotto il sole cocente, a bordo di camion che solcano il mare giallo. È già tanto riuscire a sopravvivere, Bambini anche qui, Madri anche qui, Padri anche qui, la pelle è diversa, i sogni anche, l’indifferenza verso loro sempre la stessa da anni ed anni.
Basterebbe davvero poco per cambiare le cose, e così non permettere di trattare come merce sogni rinchiusi in corpi maltrattati dall’indifferenza. Basterebbe guardare oltre quel limite dei nostri occhi e delle nostre vite, basterebbe aprire semplicemente le porte alla speranza di un mondo diverso…
Cibal