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Quanto conosciamo i nostri ragazzi?

Creato il 27 settembre 2014 da Hovogliadicinema
QUANTO CONOSCIAMO I NOSTRI RAGAZZI?
Recensione scritta per Storia dei film
Italia 2014Regia di Ivano De MatteoSceneggiatura di Ivano De Matteo, Valentina FerlanCon Luigi Lo Cascio, Alessandro Gassman, Giovanna Mezzogiorno, Barbora Bobulova, Rosabell Laurenti Sellers, Jacopo Olmi Antinori
Trama: Paolo e Massimo sono due fratelli molto diversi tra loro, che ogni mese si incontrano a cena con le loro rispettive mogli, Chiara e Sofia. Paolo e Chiara hanno un figlio, Michele, mentre Massimo ha una figlia, Benedetta, nata da un precedente matrimonio. Quando su Chi l'ha visto va in onda un video in cui viene mostrato il pestaggio di una donna, le due coppie credono di riconoscere i loro figli negli autori della violenza. 
Con I nostri ragazzi, Ivano De Matteo è riuscito a costruire un'opera che, sviscerando le paure più recondite che si nascondono in ogni essere umano, interroga lo spettatore, colpendo da vicino ciò che gli è più caro: la famiglia. Parliamo della famiglia di Paolo (Luigi Lo Cascio) e Massimo (Alessandro Gassman), due fratelli che si odiano, neppure troppo velatamente, e che hanno sposato due donne che a loro volta si detestano, Chiara (Giovanna Mezzogiorno) e Sofia (Barbora Bobulova). E poi ci sono due cugini, Michele (Jacopo Olmi Antinori) e Benedetta (Rosabell Laurenti Sellers), gli unici a volersi bene e ad accettarsi. De Matteo li presenta così: quella di Paolo e Chiara è una famiglia mite, di impiegati pubblici, che ha cresciuto il figlio Michele viziandolo e coccolandolo, ma tentando di imprimergli una serie di valori morali. Quella di Massimo e Sofia è una famiglia ricca e benestante, che può permettersi di andare a Londra in giornata e la cui figlia sedicenne ha più di quanto possa mai desiderare. Quando la violenza irrompe improvvisamente nella vita dei due fratelli, come un fulmine a ciel sereno, avviene qualcosa di inimmaginabile, ma anche di assolutamente reale. De Matteo non ha paura, infatti, di scombinare le aspettative dello spettatore, quelle certezze che ognuno ha: perché la vita è imprevedibile di fronte agli eventi più terribili e inaspettati. Perché la violenza si annida dietro l'angolo e le nostre reazioni di fronte ad essa sono praticamente incontrollate e incontrollabili. Perché le idee, alla prova dei fatti, crollano, sempre e comunque, se non per tutti, per molti, forse per la maggior parte. Allo stesso tempo, la rappresentazione di un'adolescenza tanto spietata quanto vera nei personaggi di Michele e Benedetta inquieta fortemente e pone un interrogativo fondamentale: perché? Perché tanta cattiveria? Nella ricerca del proprio posto del mondo, Benedetta e Michele si lasciano dietro una scia di vittime in maniera più o meno consapevole, nella più totale incapacità di provare empatia verso gli adulti. Adulti che sono un mezzo, uno strumento per raggiungere i propri obiettivi, per superare le proprie angosce egoistiche e per avere sempre e solo divertimento. Il film ci sconforta e ci fa domandare: che adulti saranno questi adolescenti? Noi come eravamo? Che adulti siamo diventati? Non c'è che dire: pochi film italiani sono riusciti nell'intento di rappresentare in maniera così incisiva e brillante la violenza strisciante che si cela nelle famose famiglie “perbene”. Ivano De Matteo vi riesce grazie ad una sapiente operazione di riscrittura del romanzo La cena di Herman Koch e grazie alla scelta di interpreti in grado di offrire il meglio di sé, singolarmente e in gruppo, creando un film corale e allo stesso tempo capace, come pochi altri, di trasmettere un profondo senso di solitudine e smarrimento.
Voto: 

"Io lo conosco mio figlio. Tu lo conosci?"


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