Magazine Carriere

Quanto costa il contratto a tutele crescenti?

Creato il 10 marzo 2015 da Propostalavoro @propostalavoro

Quanto costa il contratto a tutele crescenti?

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale dei primi due decreti del Jobsact d’ora in poi sarà possibile assumere con il nuovo contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti, una formula che porterà un risparmio notevole al datore di lavoro che deciderà di assumere optando per questa soluzione.

In sostanza l’azienda che attiverà un contratto a tutele crescenti avrà i contributi Inps azzerati per tre anni oltre agli incentivi e agli sgravi previsti dalla legge di stabilità. Ma vediamo nel dettaglio quanto effettivamente le aziende riusciranno a risparmiare.

Secondo una stima fatta dal sole24ore (fonte) per assumere ad esempio un giovane di 25 anni come operaio metalmeccanico di terzo livello, con una ipotetica retribuzione lorda di 1.589 euro col nuovo contratto a tutele crescenti, l’azienda risparmierebbe 505 euro mensili di contributi Inps per tre anni e il costo per l’azienda corrisponderebbe alla retribuzione lorda. Con un contratto a tempo determinato invece, lo stesso lavoratore costerebbe all’azienda circa 2.116 euro. Con un contratto a progetto, ammesso che si possa fare per questo tipo di mansione, il lavoratore costerebbe all’azienda 1.914 euro.  In questo caso specifico tuttavia, trattandosi di un lavoratore giovane, la formula più conveniente resterebbe quella dell’apprendistato, con un costo totale per l’azienda di 1449 euro.

Ricordiamo che con il contratto a tutele crescenti in caso di licenziamento per giustificato motivo è riconosciuto al lavoratore il solo indennizzo economico di due mensilità per ogni anno di servizio, resta il reintegro del lavoratore nel posto di lavoro nel caso di licenziamento discriminatorio. Fermo restando, in alternativa, il diritto del lavoratore di scegliere il diritto al risarcimento del danno.

Combinando dunque una maggiore flessibilità in uscita con un indubbio vantaggio economico per l’azienda, il governo spera di incentivare in questo modo le assunzioni. Di tutt’altro parere i sindacati che paventano rischi di licenziamenti massivi fra tre anni. Secondo uno studio della UIL infatti, nel caso in cui un’ azienda assumesse adesso e licenziasse prima dei tre anni, il saldo tra i contributi e l’eventuale indennizzo da pagare al lavoratore sarebbe comunque a suo vantaggio. Ma la prospettiva che poi questo si realizzi concretamente non appare del tutto convincente.

Più interessante ci appare invece la prospettiva di un articolo de lavoce.info secondo la quale con l’abolizione del reintegro e l’indennizzo certo, i lavoratori più anziani saranno più facilmente sostituibili con quelli più giovani. Questo, secondo gli autori, costringerà a rivedere la struttura dei salari avvicinandola a quella dei nostri vicini europei.

Alessia Gervasi


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog