Quanto è bella la schiavitù

Da Elenatorresani

Il mio terzo giorno di totale astinenza da nicotina comincia con un the al limone con biscotti Vitasnella ai frutti di bosco, seguito da una sana cucchiaiata di sciroppo di lumache.
Tutto questo scempio nella speranza che la tosse prima o poi mi passi, e che magari io sia sufficientemente intelligente da approfittare dell’occasione per smettere di fumare.
Inopportunamente ottimista, come se non conoscessi la mia volontà di carta pesta e l’inconsistenza dei miei propositi.
In ogni caso sto provando a liberarmi di una delle schiavitù più stupide e, inaspettatamente, la cosa più difficile da fare è la gestione del tempo. Senza sigarette ci si sente infinitamente soli, e le giornate sembrano lunghissime.
Senza le pause dal lavoro scandite dalle sigarette, senza la compagnia della sigaretta mentre si guida, e senza le interruzioni chiacchierecce delle lunghe attese scandite dalla nicotina, il tempo sembra scorrere lento, ozioso e inutile. Senza la schiavitù la vita è vuota, senza gli omaggi della sudditanza il tempo perde di significato.
E non vale solo per il fumo: vale per qualsiasi tipo di dipendenza.
Non parlo solo del gioco del gioco, della droga o delle idolatrie (politiche o religiose che siano), perché c’è chi è dipendente anche dal dolore, e inconsapevolmente non riesce a farne a meno (la vita felice d’altra parte è estremamente noiosa).
Chi dipende da un amore sbagliato o da un rapporto morboso. Chi è schiavo dei propri errori, e continua a ripeterli con ostinata coerenza.
La schiavitù ci riempie il tempo, le giornate, il cuore, creando un senso di appartenenza e di identificazione quasi senza pari: ogni schiavitù ci ficca in una categoria sempre più vasta di quanto la nostra presunzione ci permetta di ammettere.
Parecchio tempo fa, per esempio, ero schiava dell’amore non contraccambiato per un uomo: ho passato due anni ad inseguirlo per i bar e le piazze, aspettando la notte in cui sarebbe venuto a cercarmi per concupirmi e sperando ogni volta che quello potesse essere il momento in cui avrebbe iniziato ad amarmi.

Quando questa malsana ossessione finì (cioè quando fui abbastanza intelligente da comprendere il non-amore, uccidere la speranza puttana e pensare di meritare di meglio) mi sentii come oggi senza sigarette: libera, sola e senza fantasia. Non avevo più niente ad occuparmi e dovevo mettercela tutta per reinventare una storia diversa.
La maggior parte di noi non sa cosa farsene della libertà (pur riempiendosene la bocca e le tasche), perché la libertà richiede palle quadre, equilibrio mentale e spudorato coraggio.
C’è chi addirittura si inventa schiavitù improbabili, amori incompresi, debiti karmici, stupidissime fedeltà e ipocrisie pirotecniche pur di non correre il rischio di essere libero e non sapersene che fare del proprio tempo mentale e della propria vita di cristallo.
Datemi una sigaretta, cazzo.



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