Quanto tempo

Da Lanterna
In questi giorni, non sono riuscita a scrivere molto. Qualche commento qua e là, ma niente che richiedesse un'applicazione di più di un minuto.
Sono stata impegnata col mondo reale. Impegni piacevoli, perlopiù: abbiamo avuto ospiti, ci siamo ambientati nel nuovo assetto estivo (con me e i bambini a casa), ho seguito 3 seminari della mia maestra preferita e assistito ieri allo spettacolo finale, sto facendo una revisione linguistica per un progetto di un network di insegnanti a cui partecipa un'amica. Ho anche avuto il tempo di leggere Dampyr, Cassidy e Greystorm di questo mese, oltre a un interessante opuscolo Disney sui pipistrelli (abbinato alle batbox che abbiamo comprato in offerta alla Coop).
Però sono stati anche giorni di recupero dei ricordi: ricordare tutto ciò che riguarda la danza, certo, ma anche ciò che le gira intorno.
In particolare, sono "perseguitata" dal ricordo di una bella giornata di 3 anni fa. Era tipo il 2-3 settembre, io ero incinta di Ettore. Il giorno prima eravamo tornati da Levanto, la nostra prima volta là, con Isabella e Dhaou. Pochi giorni prima, ci aveva chiamati la Pedretti dicendo che le serviva un percussionista per uno spettacolo di strada a Castell'Arquato e noi figurarsi se avevamo detto no.
A pensarci adesso, a me con la pancia e un passeggino da camallarmi su e giù da un borgo medievale tutto in salita, con 2 tamburi e una bambina di neanche 2 anni al seguito, mi sembro un po' pazza. Probabilmente mi sto impigrendo. O probabilmente è solo che non mi è più capitato di avere un'occasione simile, perché dico la verità: se la Pedretti volesse tornarci, le basterebbe mandarmi un SMS il giorno prima.
Già il clima dell'evento era piacevole: un festival di artisti di strada disseminati per tutto questo suggestivo borgo medievale, ognuno con il suo spazio e il suo momento.
Noi avevamo due momenti: uno nel tardo pomeriggio, in una piazzetta, e un altro (forse in doppia replica, non ricordo bene) sul palco della piazza principale. Ovviamente io mi occupavo solo di badare ad Amelia e fare qualche foto, mentre Luca suonava e le due danzatrici (la Pedretti e la Centonze) ballavano.
Ricordo ancora la faccia di Amelia quando Francesca ha aperto il suo trolley e ha cominciato a vestirsi e agghindarsi. Ad un certo punto, ricordo che aveva preso in mano un bastoncino colorato tipo quelli che si appuntano nelle acconciature e l'aveva messo sulla testa come un bastone da saidi. Francesca ne era rimasta abbastanza stupita: si sarebbe aspettata che Amelia usasse il bastoncino in tutt'altro modo, più "da piccola".
Subito dopo un'esibizione, poi, sono passata vicino a due bambine che avevano assistito e le ho sentite che dicevano: "Io sono quella nera" - "E io sono quella verde". Si riferivano ai costumi delle danzatrici e le "usavano" come se fossero personaggi di fantasia, un po' come Ettore quando mi dice di essere Lian Chu o Amelia che vorrebbe essere Zoria ma anche Zazà.
Non so perché, ma a distanza di anni questo ricordo mi fa ancora tenerezza. Forse perché mi dimostra che ci vuole veramente poco per far breccia nel cuore dei bambini, non è indispensabile essere una corazzata da milioni di euro.
Poi di quella sera ricordo anche tante chiacchiere, su tutto: su idee di spettacoli futuri, sui figli, sugli gnocchi fritti, sugli spettacoli degli altri artisti. Mi è rimasta un po' di nostalgia, perché all'epoca tante cose erano più precarie ma anche più aperte alla speranza e alla sperimentazione. E perché da allora non è più capitato, se non al telefono, di farmi una così serena chiacchierata con la mia maestra, che è una persona con cui si sta gran bene anche al di fuori del contesto danzereccio.
Certo, col senno di poi non tornerei indietro: oggi sono maturati tanti presupposti di allora, è nato e cresciuto Ettore, la Pedretti ha seguito un suo percorso artistico e personale che mi entusiasma ancora di più, sono nate e morte amicizie e inimicizie, ho conosciuto e ritrovato tante persone.
Però ogni tanto penso a quel festival e mi dico che sono queste le giornate che racconterò ai miei figli e ai miei nipoti quando sarò bell'e rincoglionita dall'Alzheimer. E, se non me le ricorderò io, ci penserà il mio blog.

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