Così Driss getta via i guanti bianchi, riuscendo a vedere nel suo datore di lavoro semplicemente Philippe, cosa che sfugge agli sguardi miopi della gente, senza per questo venire meno ai suoi doveri o dimenticando le altrui esigenze. Il lavoro viene svolto dal senegalese con la sensibilità di chi non deve tenere un certo atteggiamento, non deve certe attenzioni perché ha dinnanzi a sé un disabile, ma un uomo con le fragilità mentali di ogni altro e i limiti fisici di pochi. Questo nuovo modo, per il mondo benpensante dell'alta società, di vedere una persona è ben bilanciato nel rapporto tra i due: entrambi infatti riescono ad andare oltre le mere apparenze, cogliendo l'uno la vera essenza dell'altro. Philippe è conscio del passato non limpido del suo nuovo badante e Driss è consapevole della condizione del ricco disabile, ma entrambi superano quelli che ad altri sembrerebbero invalicabili confini alla luce di un'amicizia disarmante. Si può affermare che per una volta in una pellicola cinematografica i "buoni sentimenti" lasciano il posto ai "veri sentimenti", non è il dramma umano a scandire i tempi del lungometraggio ma le battute che nel rispetto della condizione personale smontano pezzo per pezzo quell'impalcatura di pregiudizi e modi stucchevoli che la società tende a costruire intorno ai disabili.
La leggerezza con cui vengono pizzicate determinate corde non produce alcuna nota stonata, permettendo invece di vedere e apprezzare film e storia senza sentirsi schiacciati dal dramma e senza per questo sminuirne il valore. L'opera non è pretenziosa, non vuole insegnare o commuovere ma semplicemente raccontare una storia, a volte in modo assolutamente dissacrante. Il risultato sono 113 minuti, assolutamente godibili, di spensierato spessore morale. La sceneggiatura è la vera direttrice d'orchestra del lungometraggio, ed è una prova di stile superata brillantemente dalla coppia, anche alla regia, mentre i protagonisti ci regalano un'interpretazione apprezzabile e apprezzata; Omar Sy infatti vince il premio Lumière e il premio César come migliore attore strappandolo al coprotagonista François Cluzet e soprattutto a Jean Dujardin (che si consola però con un Oscar). La pellicola nel complesso invece, riceve due candidature ai premi Lumière 2012 e nove ai Premi César 2012, una in meno di The Artist.