La metropolitana arriva in Centroamerica. Lo fa a Panama, 150 anni dopo il primo underground della Londra febbrile della rivoluzione industriale, un secolo dopo la prima linea latinoamericana (quella di Buenos Aires) e lo fa nel mezzo di un’altra rivoluzione, quella delle mega-opere che si stanno sviluppando un poco ovunque in America Latina. Senza molta pubblicità, oscurata dai lavori che stanno ampiando il Canale, la metropolitana panamense sarà pronta a cavallo tra febbraio e marzo del prossimo anno, sarà lunga inizialmente quasi quattordici chilometri e servirà per alleviare il traffico, più che caotico, della capitale del paese centroamericano. Costruita da un consorzio di capitale spagnolo e brasiliano, l’opera, che attraverserà la città in direzione nord-sud, è costata quasi 2000 milioni di dollari, un costo ritenuto eccessivo dai critici, che adducono un incremento del 30% delle spese rispetto al progetto iniziale.
Per Martinelli, presidente conservatore che il prossimo anno finirà il suo mandato, si tratta di una vittoria di prestigio. Dotando Panama di una metropolitana, ha ribadito la traiettoria leader della città del Canale in Centroamerica che, grazie all’aggressivo piano di mega opere (canale, aeroporto, autostrade, metro, grattacieli) ha riportato negli ultimi cinque anni una crescita record. Senza contare, poi, che il paese nell’ultimo decennio ha raddoppiato il proprio prodotto interno lordo. Una bella operazione di facciata, che ha adornato la capitale, risolto alcuni problemi, ma che lascia insoluti alcuni fondamentali quesiti. A cominciare dalla povertà endemica di quegli stessi quartieri tagliati in due dalla metropolitana e che, in alcuni casi, non dispongono dei servizi più elementari. La questione è semplice: potrà tanta crescita assicurare uno sviluppo collettivo?
La stessa Banca Mondiale ha suggerito al governo panamense di migliorare il proprio sistema educativo e sociale per moderare la disuguaglianza che, ancora oggi, fa di Panama un paese di ricchi e di poveri (che rappresentano ancora il 27,6% della popolazione), di contrasti sproporzionati.
Martinelli, a parole, è d’accordo su questa linea, un poco meno lo sono i fatti dimostrati dalla sua politica, che nei mesi scorsi non ha avuto remore a reprimere varie manifestazioni di piazza sorte come protesta a differenti argomenti. Le mega opere hanno un costo non solo economico, ma sociale ed ambientale, che Panama, al momento, non sembra in grado di affrontare. Gli affari, però, vengono prima di tutto. Prima della fine del suo mandato, Martinelli ha infatti intenzione di licitare una seconda linea che dovrebbe unire il centro dalla capitale alla direttrice est che porta all’aeroporto internazionale.