Quattro passi intorno al Faro di Alessandria

Creato il 31 marzo 2012 da Kimayra @Chimayra

Moneta con raffigurazione del Faro di Alessandria d'Egitto

Il grande faro che, nel porto di Alessandria, indicava ai naviganti l'ingresso sicuro, prendeva nome dall'isola di fronte alla città, l'isola di Faro, appunto. Il faro è stato inserito tra le sette meraviglie del mondo antico, ma i cronisti dell'epoca non ne danno una descrizione esaustiva. Quel che si conosce del celebre faro, lo dobbiamo ai cronisti arabi, che poterono osservarlo agevolmente, visto che il monumento rimase visibile fino al XIV secolo.
Il documento più fedele sul faro è medioevale: un mosaico della cappella Zen di San Marco a Venezia, datato agli ultimi anni del XIII secolo. In questo mosaico è rappresentato l'arrivo ad Alessandria dell'Evangelista, a corredo delle immagini un testo recita: "il promontorio dell'isola è uno scoglio circondato dal mare, su cui si trova una torre a più piani, costruita mirabilmente in pietra bianca, che ha lo stesso nome dell'isola. Essa fu dedicata da Sostrato di Cnido, amico dei re, al fine di assicurare la salvezza dei naviganti, come si legge nell'iscrizione". Nel mosaico l'edificio appare a tre piani, il primo in opera isodoma, il secondo realizzato in mattoni, il terzo di forma cilindrica corredato da una cupola, probabilmente pertinente la moschea che si installò sulle rovine dell'antica costruzione.
La datazione più probabile del monumento l'ha data Eusebio: 283-282 a.C., all'inizio del regno di Tolomeo Filadelfo. La Suda, un lessico bizantino di autore ignoto, collega la costruzione del faro con la partenza di Pirro da Alessandria per riprendere possesso dell'Epiro (297 a.C.). Questa datazione dovrebbe essere considerata l'inizio della costruzione che, secondo alcuni calcoli, si protrasse per 14 anni. Sostrato di Cnido, considerato l'architetto della notevole struttura, era considerato, dagli autori antichi, una personalità di spicco nella società della sua epoca, come suggerisce l'attributo "amico dei re".
Le raffigurazioni del celebre Faro, però, sono piuttosto generiche: lo si trova su monete dell'epoca di Domiziano (81-96 d.C.) e rari oggetti d'artigianato (mosaici, lucerne, vetri, sarcofagi). Sicuramente la documentazione numismatica è quella più attendibile, da essa emergono le caratteristiche fondamentali della grande costruzione. Innanzitutto il corpo di fabbrica inferiore, a pianta quadrata, che appare più alto degli altri corpi di fabbrica.
Ai cronisti arabi, invece, si devono ulteriori descrizioni, se pure non visive. Uno di questi è Ibn al-Sayh, erudito originario di Malaga, esperto in architettura, che lasciò numerose descrizioni e compendi sugli argomenti più disparati tra cui anche una descrizione del Faro. Ci sono almeno altre dodici descrizioni arabe della costruzione, la più antica delle quali risale al IX secolo, l'ultima - che ne testimonia il crollo definitivo - del XIV secolo. Ibn al-Sayh, a differenza degli altri cronisti, riporta le dimensioni reali di questo edificio.
La città di Alessandria, fondata da Alessandro Magno, obbediva a precisi criteri di natura strategica e commerciale. Il suo porto era vicino al Delta del Nilo e consentiva l'approdo in qualunque condizioni meteorologiche, grazie alla presenza di due ingressi. Il suo bacino era sufficientemente ampio per ospitare una grande flotta. Alla morte di Tolomeo II quest'ultima comprendeva dieci grandi vascelli, ottanta vascelli di media stazza e 175 piccoli vascelli.
La rada antistante la città di Alessandria era chiusa, verso il mare, dall'isola di Pharos, che proteggeva l'insenatura dal mare aperto. Tolomeo I Sotere realizzò l'Heptastadion, un viadotto lungo circa un chilometro, che collegava l'isola alla terraferma. Fu questa l'opera che giustificò la costruzione del Faro. L'Heptastadion divise in due la rada, creando due porti: il megas limen ad occidente e l'eunostos ad oriente.
Quando il Faro fu edificato, non esisteva alcuna costruzione assimilabile. C'erano, è vero, altre torri di segnalazione, come quella ritrovata nell'isola di Thasos, ma quest'ultima è stata datata al VI secolo a.C. ed era alta appena tre metri e mezzo e sfruttava l'altezza del promontorio sul quale era costruita. La torre di Alessandria, invece, si elevava per ben 115 metri.
Oltre a segnalare la via da seguire, il Faro svolgeva un'altra importante funzione, quella di difendere la città dal nemico avvistandolo in tempo. La grande lanterna che costituiva la fonte luminosa, alimentata ad olio e potenziata attraverso supporti metallici, indicava l'imbocco del porto e fungeva da segnalazione in caso di allerta. Secondo antiche descrizioni, poi, erano presenti anche tritoni con buccine collocati in cima alla prima terrazza, che fungevano da richiami indicativi in caso di nebbia. Le stanze del primo piano della struttura alloggiavano sia il personale destinato alla manutenzione del Faro che un corpo di guardia.
Ibn al-Sayh ci rimanda le proporzioni, in cubiti, dei tre corpi che costituivano la struttura del Faro. Tradotto in metri, l'ingombro della base era di 30,50 metri, mentre l'intera struttura si elevava per 113 metri di altezza, dei quali 70 metri erano riservati al primo piano, 34 metri al secondo e 9 metri al terzo. Al centro del Faro vi era un vuoto simile ad un pozzo profondo attorno al quale si avvolgeva, a spirale, una scala, isolata dal pozzo esterno e dall'esterno. Superato l'ingresso - stando alla testimonianza diretta di Ibn al-Sayh - si percorreva un corridoio che attraversava diverse stanze.
Nel basamento del Faro dovevano essere custodite le cisterne che dovevano garantire l'autonomia della struttura in caso di assedio. Lo schema di base doveva essere una torre ottagonale larga 17 metri, quanto il secondo corpo, ed alta 104 metri circa, al di sopra della quale vi era una lanterna a base circolare. La forma ottagonale, simile a quella della Torre dei Venti di Atene, aveva un significato sia astronomico che geografico: il Faro, infatti, era orientato secondo gli assi cardinali e Alessandria era l'origine del sistema geografico.

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