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Quattro punti sulla vittoria di Obama

Creato il 07 novembre 2012 da Basil7

di Beniamino Franceschini

Quattro punti sulla vittoria di Obama: Sandy, minoranze, economia e politica estera.

Rompiamo gli indugi: per fortuna, ha vinto Obama. Il merito non è soltanto – come molti hanno scritto – degli statunitensi favorevoli alla libera scelta delle donne e contrari al Tea Party. C’è qualcosa di più, poiché la conferma del Presidente è una sommatoria di elementi, non ultimo l’uragano Sandy, che ha fermato letteralmente la campagna elettorale e ha reso Obama, prima che uno dei candidati alla Casa Bianca, il Commander in Chief degli Stati Uniti. Non è ancora dato sapere quanto la catastrofe naturale abbia influito sul risultato elettorale, eppure è indubbio che l’immagine del Presidente abbia assolto nel dramma la funzione di sintesi del popolo nella Nazione.

Altro dato interessante è l’analisi della composizione demografica dell’elettorato di Obama, giacché a votare per lui sono state soprattutto le “minoranze” – che sono sempre meno minoritarie – ispaniche e afroamericane, oltre alle donne, in particolar modo single. Già, inoltre, si parla del contributo dei cattolici al successo del Presidente, ma, riguardo a ciò, è necessario attendere stime più precise, al fine di evitare una sovrapposizione tra i fedeli della Chiesa e determinate componenti etniche. Secondo le prime analisi, i maschi bianchi hanno preferito Romney: si tratta di una valutazione ideologica o di un voto razziale? Nuovamente, occorrono i dati.
Vero è, comunque, che questa consultazione elettorale era anche una sorta di referendum sulla riforma sanitaria di Obama, tant’è che l’argomento è stato tra i principali temi del confronto tra i candidati – e delle cadute di Romney. Sarà una sfida importante tentare di capire quale sia il collegamento tra l’ampliamento dell’assistenza sanitaria e l’elezione di Obama: le minoranze hanno scelto il Presidente perché direttamente interessate dalle misure di welfare? Oppure perché più sensibili alle problematiche sociali? E ancora: i WASP, gli americani hardcore, sono così contrari alla riforma sanitaria?

Il terzo punto è che Obama è stato l’unico leader ad aver affrontato la crisi economica ed essere stato rieletto: Berlusconi, Brown, Sarkozy e Zapatero, sebbene con modalità diverse, sono stati di fatto tutti politici che hanno assistito all’esplodere della crisi, uscendo conseguentemente dalla scena. Il Presidente degli Stati Uniti, invece, è stato confermato. Anche in questo caso, le interpretazioni sono molteplici. I sostenitori di Obama, ovviamente, affermeranno che a pagare sia stata l’ottima gestione della recessione, mentre i suoi avversari ribatteranno che solo attraverso la distribuzione illegittima di fondi per l’assistenza sociale sia stato possibile far credere che le misure attuate siano state efficaci. Probabilmente, però, a incidere positivamente è stata anche la consapevolezza pragmatica che la continuità in questo caso fosse preferibile rispetto all’interruzione di un corso, ossia che ogni progetto, per essere organico, necessiti di otto anni.

Infine, la questione internazionale. Da un lato, Obama è riuscito a eliminare Osama bin Laden, in secondo luogo ha allacciato un dialogo con molte realtà di quella parte del mondo precedentemente definita “nemica”. Sinceramente, la politica estera degli Stati Uniti negli ultimi quattro anni è stata piuttosto deludente, senza personalità, volta al ripiegamento militare e diplomatico giustificato con la contingenza economica, ma in realtà mosso dalla volontà di Washington di riassestare gli equilibri geopolitici mondiali, concentrando risorse ed energie nello scenario ormai ritenuto prioritario, ossia l’Oceano Pacifico – da leggersi quale movimento preventivo contro la Cina. Tuttavia, gli Stati Uniti non hanno aperto nuovi fronti di guerra, al contrario degli anni tra il 1990 e il 2008: citando solo alcuni casi, abbiamo Bush sr. con Liberia, Iraq e, in parte, Somalia; Clinton con Haiti e Kosovo-Serbia; Bush jr. con Afghanistan e Iraq. La battuta di Obama su baionette e navi da guerra non è stata casuale: se da Phoenix è possibile far sollevare un drone che arriva a colpire direttamente in Afghanistan, senza il coinvolgimento fisico di personale statunitense, perché mobilitare i marines? Con Romney, invece, probabilmente avremmo assistito a un aumento delle tensioni con l’Iran e la Russia, senza dimenticare l’inasprimento dei rapporti con l’Europa (della quale, comunque, anche a Obama interessa poco). In questo senso, come ha notato il mio collega Andrea Caternolo, «il petrolio ha votato»: la tendenza al calo del prezzo del Brent durante i giorni precedenti le elezioni è stato «un pronostico abbastanza chiaro».

Beniamino Franceschini

Quattro punti sulla vittoria di Obama: Sandy, minoranze, economia e politica estera.

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