Il Lunar Reconnaissance Orbiter
Intraprendere la carriera da astronauta è il sogno di ogni bambino, ma non è facile come bere un bicchiere d’acqua. Non solo per gli anni di studio intenso, non solo per le infinite ed estenuanti ore di addestramento. In realtà diventare un viaggiatore dello spazio è rischioso e molto, soprattutto se si pensa a missioni di lungo corso (oltre i sei mesi, per intenderci). Il corpo umano è costretto a subire numerose sollecitazioni dovute non solo all’assenza di gravità, alla scarsa quantità di ossigeno nelle navicelle, ma soprattutto a microbi spaziali, polvere tossica, tempeste solari, raggi cosmici e radiazioni nocive.
Gruppi di scienziati in tutto il mondo sono sempre più focalizzati nello studio dei rischi che corre l’essere umano una volta salito su una navicella spaziale. Di recente, un team di ricercatori guidato da Nathan Schwadron dell’Università del New Hampshire ha spiegato che a causa dell’anomalo e prolungato ciclo di attività solare poco intesa, il vento solare mostra una densità estremamente bassa di particelle e un campo magnetico altrettanto debole, il che provoca livelli allarmanti di raggi cosmici che pervadono l’ambiente spaziale e che provengono dall’esterno del Sistema solare. “Il comportamento del Sole è recentemente cambiato ed è da 100 anni a questa parte che non si osservava una situazione del genere”, ha detto Schwadron, autore principale dello studio pubblicato su Space Weather e principal investigator per il Cosmic Ray Telescope for the Effects of Radiation (CRaTER) montato a bordo del Lunar Reconnaissance Orbiter (LRO) della NASA.
Il ciclo solare dura all’incirca 11 anni, di cui 6-8 anni di attività meno intensa e 2-3 anni in cui il Sole è molto più attivo. I ricercatori hanno affermato, però, che dal 2006, tra il 23esimo e il 24esimo ciclo solare (quello attuale), il periodo di inattività è il più lungo mai studiato. L’aumento dei raggi cosmici che penetrano lo “scudo” creato dalle particelle e dal campo magnetico solare potranno essere, in futuro, un rischio sempre più rilevante da tenere in considerazione nella fase di progettazione di missioni spaziali con equipaggio umano, soprattutto di lunga distanza (oltre i 6 mesi di permanenza nello spazio). Schwadron ha sottolineato che “le missioni verso la Luna, Marte o asteroidi più lontani non verranno bloccate per questo motivo, ma i limiti sono comunque tanti”.
Al centro dello studio del team c’è un materiale a cui si lavora da anni, la plastica tessuto-equivalente, cioè una sorta di sostituto del tessuto muscolare umano capace di limitare l’assorbimento delle radiazioni. Gli effetti che il corpo umano deve affrontare quando entra in contatto con grandi flussi di raggi cosmici vanno da malanni che svaniscono in poco tempo al rientro, a malattie a lungo termine, come cancro e danni permanenti agli organi, compreso il cuore e il cervello. Alcuni recenti studi della NASA ritengono ci sia il 3% di rischio di morte indotta da esposizione a radiazioni (risk of exposure-induced death o REID) nello spazio interplanetario con un tempo di permanenza tra i 200 e 400 giorni per un uomo di 30 anni e tra i 100 e 300 giorni per una donna della stessa età (entrambi non fumatori), considerando i valori dei cicli 23 e 24. Nei periodi di massima attività solare si va da un massimo di 500 giorni per l’uomo a quasi 400 giorni per la donna. I livelli elevati di radiazione rilevati durante l’ultimo ciclo solare hanno portato gli esperti a ipotizzare una riduzione dei giorni di permanenza nello spazio consentiti agli astronauti, nonostante la schermatura fornita dalle navicelle spaziali: si parla di un taglio del 20% durante il ciclo solare 25. Il dato è rilevante in vista delle future missioni su Marte, come quella di Mars One (ancora in fase di studio): il viaggio verso il Pianeta rosso non durerebbe meno di 180 giorni (il periodo più lungo passato dall’uomo in viaggio nello spazio oltre l’orbita terrestre).
Per saperne di più:
Leggi QUI lo studio pubblicato su Space Weather: “Does the worsening galactic cosmic radiation environment observed by CRaTER preclude future manned deep-space exploration?”, di Nathan Schwadron et al.
Fonte: Media INAF | Scritto da Eleonora Ferroni