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Quei vaghi e peregrini dei cernit

Creato il 16 settembre 2014 da Thefreak @TheFreak_ITA

Nella musica dei giorni nostri è sempre più difficile riuscire a comunicare sentimenti tramite una canzone. Molte band applicano un mero principio di imitazione di generi, gruppi, stili e subordinano loro stessi a una ricerca che non può portare a nulla di nuovo se non alla riproduzione di sentimenti altrui di altre epoche che non hanno nulla a che vedere con chi suona in quel momento. Di conseguenza, la musica sembra spesso parlare di sentimenti generali che appartengono un po’ a tutti e un po’ a nessuno, privi di originalità e di soggettività. Questo discorso non vale per i Cernit. Al contrario, questi quattro ragazzi riescono a suonare la loro musica nel modo più sincero e diretto possibile. Di conseguenza i Cernit dimostrano di avere una grande forza comunicativa. Parlando con loro, la forte soggettività di ognuno emerge in maniera tangibile. Ciò si nota anche nel loro modo di suonare, di esibirsi sul palco, che rispecchia una curiosità genuina e spontanea nei confronti della musica, per la quale dimostrano di lavorare con passione e serietà.

 Paolo Pitorri cominciò la sua carriera da musicista come bassista, ma poi cambiò strumento e adesso è il cantante e chitarrista del gruppo.

Lorenzo Angelucci, al contrario di Paolo si dedicò inizialmente allo studio della chitarra per poi diventare il bassista dei Cernit.

Francesco Angelucci cominciò a suonare il pianoforte da bambino, decise poi di cambiare con la chitarra per poi ricominciare col piano. Non bastandogli quest’ultimo decise di aggiungere il sintetizzatore e il campionatore. E’ il tastierista del gruppo.

Infine, Stefano Pierini, batterista, fece quello che gli altri membri non fecero: non cambiò il suo strumento. Cominciò a suonare la batteria e la suona tutt’ora nei Cernit, e contemporaneamente frequenta il conservatorio.

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Sorge spontanea la prima domanda. Perché vi chiamate così?

Il Cernit è un materiale simile al pongo che, se messo al forno, si indurisce. Viene utilizzato principalmente per fare collanine, bracciali, orecchini, pupazzetti, portachiavi colorati.  Però non è per questo che ci chiamiamo così. Abbiamo scelto di chiamarci Cernit perché è un materiale compatto e se ha al proprio interno diversi colori, questi ultimi non si mischiano, ma continuano a distinguersi. Ciò rispecchia perfettamente quello che siamo: ognuno di noi ha una forte personalità e diverse influenze musicali, insieme formiamo una massa compatta, ma in questa massa ognuno di noi è riconoscibile e, allo stesso tempo, parte integrante di tutti gli altri.

Parlando appunto di musica. Oramai nell’ambito della musica emergente italiana si possono identificare due filoni principali: coloro che credono che esista un genere di cui fanno parte e altri che invece ritengono che il genere sia un concetto morto e superato che serve solamente a confondere le idee già confuse di per sé. Voi invece? Cosa credete al riguardo?

Noi facciamo V.E.P., musica vaga e peregrina. Ci siamo dati questo genere perché era difficile rispondere alla domanda:” Che genere fate?”. Quindi alle persone che ci chiedono che genere facciamo rispondiamo che ne abbiamo inventato uno di sana pianta che è interamente ed esclusivamente nostro. Però appunto, la risposta che diamo serve a rispondere solamente a questa domanda; crediamo infatti che oramai sia impossibile parlare di generi.

Quindi mi dite che per voi il genere è un concetto morto e che, per ovviare a questo fatto, avete creato un nuovo genere.

Secondo me (bassista) il genere musicale c’è se “io gruppo” decido di fare quel genere musicale. A quel punto esiste! Se per esempio decido di fare Glam Rock, certamente verrò etichettato col Glam Rock, ma è una scelta a priori. Una composizione che invece nasce dalla persona, che dipende da cosa essa fa, da cosa ascolta, da che esperienze vive ecc… non è identificabile con un genere. Ciò che componi può essere associato a un gruppo, ma non addirittura identificato con un genere. Secondo me (tastierista) nel momento in cui viene definito il genere, la scena musicale di quel genere automaticamente muore, perché viene etichettata ed identificata con uno stile preciso e di conseguenza preclude un certo tipo di comunicabilità che sarebbe possibile invece in uno scenario indefinito.

Ma voi però vi siete etichettati con V.E.P.

Sì ma, come ho detto prima, serve solo per rispondere alla famigerata domanda “che genere fate?” C’è da dire anche (cantante e chitarrista) che dicendo “V.E.P.” un album che facciamo V.E.P. sarà diverso da un secondo album sempre V.E.P. E’ comunque Vago E Peregrino, sei sempre vago, dinamico! E cammini…Della serie “Il mio stile è non avere stile!”.

Ascoltando le vostre canzoni si può notare una notevole differenza tra i primi brani del vostro EP, “Quei bravi ragazzi” pubblicato nel 2012 e l’ultima canzone pubblicata pochi mesi fa dal titolo “Altre Scuse”. La prima grande differenza è ovviamente la presenza di una batteria! La seconda grande differenza si sente rispetto al diverso modo di comunicare che è certamente più diretto nelle nuove scelte musicali. La mia domanda quindi è: rispetto a “Cernit 1”, “Cernit 2” (ndr) cos’è cambiato e cosa no? Vi sto etichettando…

Intanto è sbagliato dire “Cernit 1” e “Cernit 2” perché abbiamo solamente proseguito un percorso. Quando suonavamo in tre senza batteria eravamo convinti di fare quello, e che per noi andava bene così. Poi ci siamo resi conto che necessitavamo di una batteria. Nonostante siamo stati molto acustici come gruppo, abbiamo sempre ricercato qualcosa che fosse corposo, che non volasse mai, una ritmica piuttosto tenuta, e per questo ci si è resi conto che quello che facevamo non era un genere acustico. Tant’è che lo chiamavamo “acustico e spinto” e da qui definizioni a rotta di collo…

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Quindi da “Acustico e Spinto” a “Vago e Peregrino”?

Esatto, passando per “Underground Sovietico”. E poi è arrivato Step che abbiamo cercato, ed ha semplicemente preso quello che già c’era nel gruppo e gli ha regalato qualcosa in più, secondo me (tastierista) non ha snaturato quello che già eravamo.

Mi azzarderei a dire che siete anche diventati più “cattivi” ed esplosivi.

Diciamo che è venuto un po’ da sé l’aumentare l’effettistica delle canzoni. Quando suonavamo in acustico senza la batteria (senza l’anima Metal), per tenere la ritmica, dovevamo rimanere comunque molto puliti; la pennata doveva sentirsi bene, il basso doveva fare tuntuntuntuntu…
Come dici tu, le canzoni dei “Cernit 1” rifatte alla “Cernit 2 “ con la batteria sono diverse, ma le sensazioni che abbiamo mentre le suoniamo sono le stesse che avevamo quando non c’era la batteria. Lui ha apportato al gruppo qualcosa che cercavamo. Stefano è stato la nostra salvezza! Oramai è un Cernit a tutti gli effetti.

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Tutti i gruppi che ho intervistato fino ad ora, fanno parte di una realtà, di una dimensione che possiamo definire “indipendente” e o “emergente”. Si definiscono indipendenti tutti quei gruppi che non dipendono da promotori di grossa portata mediatica come la televisione o le grosse case discografiche, ma che cercano altre vie per emergere e quindi per allargare il proprio pubblico con altre etichette indipendenti o piccole case discografiche. Ritenete di fare parte integrante di questo scenario?

E’ così variegato quest’ambito che è molto difficile poter dire “sì esiste una scena e noi siamo quella scena”. Non è più come un tempo che dicevi, per esempio, appartengo allo scenario Punk oppure, esiste lo scenario Punk ma non ne faccio parte. Era facile, o ti identificavi, oppure no. Adesso che c’è questa varietà di generi infinita che ricacciano dal passato, la scena indipendente è formata da varie etichette stilistiche di cui parlavamo prima. Io non ho ben capito la scena (bassista), ma se intendi se frequentiamo determinati locali, partecipiamo a eventi, contesti, concorsi allora sì! Noi facciamo tutte le serate che riusciamo a fare, più che altro per una questione di curiosità. Abbiamo partecipato più volte ad eventi dove non avevamo idea di che gruppi avrebbero suonato con noi. Se la metti sul “partecipate alla vita mondana indipendente” allora assolutamente sì. Cercando di suonarci ,ovviamente. Per rispondere alla domanda, può aiutarti sapere che abbiamo suonato alla “tua fottuta musica alternativa”. Alla fine il nostro obiettivo è suonare il più possibile e ovviamente comunicare. Se noi riusciamo a comunicare in modo efficace con qualcuno attraverso la nostra musica, quella persona sarebbe portata a tornare ai nostri concerti. Per questo motivo noi stessi ascoltiamo spesso altra gente che suona per cercare questo tipo di effetto; in primo luogo perché siamo curiosi, in secondo luogo perché è piacevole sentire  musicisti che suonano bene in contesti belli come la loro musica. E’ vero che il contesto è importante, ma a noi è sempre interessata più la musica che la gente che frequenta determinate location.

Recentemente avete pubblicato una vostra canzone che s’intitola DISCO, interamente cantata in latino. Da cosa è nata l’idea?

Alcuni pezzi della canzone sono nati prima del testo. Abbiamo deciso a priori che volevamo per questa canzone qualcosa di epico, perché la canzone stessa stava diventando speciale, mitica! E quindi abbiamo cercato un mito da raccontare; abbiamo scelto quello di Giacinto e Apollo e, per donargli ancora più tragicità, e grandiosità, abbiamo composto il testo in latino. La storia è una delle metamorfosi di Ovidio, noi l’abbiamo adattata in base al testo che volevamo per la canzone. L’abbiamo riscritta in italiano e poi l’abbiamo fatta tradurre in latino.

Un’ultima domanda, forse la più semplice: quali sono i vostri concerti e progetti futuri?

Questa è la domanda più difficile che ci potessi fare. Per ora non abbiamo concerti in programma, forse qualcosa bolle in pentola per i mesi successivi ma sono solo voci vaghe e peregrine (ndr). In questo momento i Cernit stanno rodando i nuovi Cernit. Noi ogni settimana ci vediamo e suoniamo. La nostra idea è cercare sempre qualcosa di nuovo, di superare sempre noi stessi. Sperimentiamo continuamente. Per ora abbiamo in mente di perfezionare le registrazioni delle nostre canzoni, diffondendole il più possibile. Non sappiamo ancora se faranno parte di un EP, di un disco o di un album; sicuramente nei prossimi mesi lavoreremo nel modo che ci contraddistingue con serietà e passione.

Intervista a cura di Eleonora Vasques.

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