Non conoscevo La polvere del mondo di Nicolas Bouvier, che in Italia ha pubblicato Diabasis solo qualche anno fa, ma che in Francia è ormai da molto tempo un caposaldo della letteratura di viaggio, storia del primo viaggio in Oriente dell'autore, anno 1953 e dici poco, un viaggio da Ginevra a Samarcanda a bordo di una vecchia Fiat Topolino.
Non lo conoscevo e debbo il primo incontro a un gran bel saggio di Luigi Marfè sulla fine dei viaggi e i resoconti dell'altrove nella letteratura contemporanea di cui prima o poi dovrò parlare.
Intanto un pugno di citazioni di Bouvier mi bastano e avanzano, perché dicono già molto di quello che è, dovrebbe essere il viaggio.
Viaggio che, guardate un po', non è accumulazione, ma sottrazione, alleggerimento, esperienza in cui si dovrebbe diventare riflesso, eco, corrente d'aria.
E viaggiatore che c'è prima del viaggio, di ogni viaggio:
E' la contemplazione silenziosa degli atlanti, su un tappeto, a pancia in giù, tra i dieci e i tredici anni, che dà la voglia di piantar tutto.
E per quanto mi riguarda, non è che ho viaggiato molto, o forse sì. Ma in definitiva sono sempre quell'adolescente disteso su un atlante, il naso dentro a una pagina del mondo.