* Fatevi due risate con Mr Bean alle prese con il suo tacchino ripieno
Il Natale di Mr Bean
di Laura CeresoliA Natale, le tavolate scarlatte imbandite a festa e le risa dei bambini che scartano gioiosi i loro regali sotto le luci scintillanti dell’albero, sono accompagnate da un goloso profumino che proviene dalla cucina. È un aroma confortante che fa riaffiorare i ricordi d’infanzia. Ai fornelli c’è quasi sempre la nonna che, tra uno scambio di auguri e lo sguardo impaziente dei nipotini affamati, prepara con passione il suo immancabile cappone ripieno, un classico del periodo natalizio. Carne trita, marroni, formaggio, con aglio oppure senza, ogni famiglia custodisce da generazioni la sua personale ricetta per preparare una farcitura sostanziosa per un secondo saporito. Una gioia per gli occhi e per il palato, che fa sentire nostalgia dei tempi passati. Eppure oggi le donne che il 25 dicembre amano spadellare sono in costante diminuzione. Se è vero che con la crisi sempre più famiglie preferiscono il focolare domestico ai menù più costosi e proibitivi dei ristoranti, è altrettanto vero che molte delle massaie che optano per i pranzi casalinghi acquistano capponi, polli, faraone, oche o galline, già pronti da mettere in tavola. La saggezza culinaria delle nostre nonne, insomma, ha ceduto il passo all’esperienza di gastronomi, macellai o ristoratori che vendono prodotti di qualità disossati, farciti o addirittura già cotti, evitando brutte figure a chi proprio in cucina non ci sa fare: “Le abitudini alimentari dei bergamaschi sono cambiate – spiega Ettore Coffetti, presidente dei macellai in Ascom a Bergamo–. Una volta le famiglie erano più numerose e la mamma stava sempre a casa a cucinare per tutti. Adesso, invece, durante la settimana sono quasi tutti fuori per lavoro. A Natale, però, si riscopre il piacere di pranzare insieme. Il problema è che le nuove generazioni non hanno tempo di applicarsi ai fornelli, non sanno neppure da dove si comincia a preparare stufati, brasati o arrosti ripieni. Così, durante le feste, vanno a mangiare dalla nonna o prendono piatti pronti in gastronomia. Le mamme future non saranno più capaci di cucinare pietanze importanti come avveniva una volta”. Anche i gusti alimentari sono mutati. Un tempo il ripieno era fatto con interiora, frutta (castagne, prugne o noci), qualche pezzetto di salsiccia e pane raffermo. Le famiglie lombarde più benestanti allevavano almeno quattro capponi, che poi consumavano, stipati di ogni leccornia, a Sant’Ambrogio, Natale, Capodanno ed Epifania.Tuttavia, nemmeno i più umili si facevano mancate il cappone durante le feste, a costo di procurarselo con forti sacrifici economici. Oggi i bergamaschi prestano ancora più attenzione alla qualità dei prodotti che si mettono nel ripieno. Ecco quindi che le frattaglie e le interiora hanno preso il posto di carne trita di bovino certificata, salumi e formaggi a km zero, uova biologiche, pinoli e uvetta. “Almeno a Natale niente dieta e soprattutto non facciamoci influenzare da chi dice che la carne fa male – ribadisce Coffetti che in Borgo Santa Caterina a Bergamo gestisce l’omonima macelleria aperta 47 anni fa da suo padre – un conto è mangiarne 178 chili pro capite come avviene in America un conto sono i 70 chili pro capite che consumiamo in Italia. E poi la nostra è carne di ottima qualità, nulla a che vedere con i prodotti trasformati, lavorati e carbonizzati che si trovano all’estero. Tornando ai ripieni, io preferisco non mettere troppa verdura perché i bambini sono un po’ schizzinosi e la scartano. Quindi via libera a carni, salumi e formaggio. Solo su richiesta, si possono aggiungere anche marroni, noci, carciofi, carote tritate. In generale a Natale, capponi, faraone, tacchine disossate e ripiene vanno per la maggiore. Poi capita anche di incontrare giovani che non apprezzano il cappone perché ha un gusto troppo selvatico. Le ordinazioni si raccolgono una ventina di giorni prima di Natale. Il riscontro è buono: nonostante la crisi, la domanda negli ultimi anni è stata costante”.