Music, when soft voices die,
Vibrates in the memory -
Odours, when sweet violets sicken,
Live within the sense they quicken.
Rose leaves, when the rose is dead,
Are heaped for the beloved’s bed;
And so thy thoughts, when thou art gone,
Love itself shall slumber on.
Percy Bysshe Shelley, To -. Music, when soft voices die
***
Ed ora, soliti lettori, vediamo di far tornare in vita il buon Shelley.
… In che modo, domandate?
Niente di più semplice: mi basterà infierire sulla di lui produzione.
Vergherò una sorta di traduzione fuor dalle righe del piccolo capolavoro sopra riportato.
Forse non tornerà in vita, l’inarrivabile Vate, ma… una cosa è certa: riuscirò a farlo rigirar nella tomba.
(E con questa, direi ch’è ora di chiudere la parentesi sette-ottocentesca di poesia mista che vi sto propinando da giorni e che probabilmente v’è venuta a noja)
***
«Vibra nella memoria, la musica
quando le voci si fanno sussurro. E muoiono.
- Voci? Quali voci? Son forse suoni slegati?
Parole incompiute? Frasi immaginate?
Vivono nei sensi che risvegliano, i profumi
quando le dolci violette appassiscono. Svaniscono. E muoiono.
- Nulla è per sempre, signori: nulla.
L’eternità, una chimera. Ingannevole miraggio.
La rosa è morta, e i suoi petali
ricoprono il letto dell’anima amata;
in quello stesso giaciglio, il pensiero di te – quando non ci sarai più -
s’addormenterà con l’amore.
- E’ tempo: m’addormento pur’io. S‘addormentano i ricordi, svanisce la coscienza.
Resta soltanto quella musica che vibra nella vuota memoria:
Corelli, Mahler, Milhaud, Weather Report, Incognito, Pastorius
lancetta dei secondi in quel cieco orologio a pendolo ch’è il cuore».