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QUEL FANTASTICO PEGGIOR ANNO DELLA MIA VITA di Alfonso Gomez-Rejon (2015)

Creato il 08 dicembre 2015 da Ifilms
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Scritto da Simone Soranna
Categoria principale: Le nostre recensioni
Categoria: Recensioni film in sala
Pubblicato: 08 Dicembre 2015

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Forte del buon successo ottenuto all'ultimo Sundance Film Festival (dove si aggiudicò il Premio del pubblico e il Gran premio della Giuria) arriva in Italia (prima durante il Festival di Torino e poi nelle sale) Quel fantastico peggior anno della mia vita, titolo incredibilmente storpiante dal più lineare ma anche sensato Me & Earl & the Dying Girl.

Bastano i primissimi minuti di film per intuire la portata stilistica che l'operazione diretta da Alfonso Gomez-Rejon intraprende lungo l'intero sviluppo. Il regista statunitense infatti sembra voler calare il suo lavoro all'interno dei canoni indipendenti che tanto vanno per la maggiore negli ultimi anni. Lo stile "da Sundance" poco alla volta si è fatto sempre più riconoscibile tanto da essere persino parodiato sul web. Eppure Gome-Rejon pare non dare molto peso a questo fenomeno incorniciando la storia con movimenti di macchina vertiginosi, ritmo pop, ralenti, citazioni musicali e un retrogusto nerd sin troppo esplicitato.

E' sin da questo primo fattore dunque che il film non riesce a convincere incappando in tutti gli stereotipi che il cinema indipendente (per lo più statunitense) ha dimostrato di possedere nel corso degli ultimi anni. Ma ciò che comunque rende il lungometraggio quasi del tutto anonimo e superficiale, è la sua struttura narrativa.

Raccontando una storia di amicizia adolescenziale (condita dunque con il bullismo scolastico, la timidezza sentimentale, le droghe leggere e via dicendo) minacciata dalla terribile presenza di una malattia terminale (come suggerisce il titolo originale del film), l'autore non riesce mai a proporre una lettura significativa o sapiente sui fatti, lavorando con estrema leggerezza quasi come se avesse paura di perdere l'attenzione del suo pubblico di riferimento (adolescenti della stessa età dei protagonisti).

Senza un'adatta introspezione, il film risulta assolutamente vuoto e schivo persino nello sviluppare la parentesi più curiosa e potenzialmente significativa ovvero quella relativa alla forza salvifica (o pseudo tale?) dell'arte cinematografica.

Ecco allora che il paragone tra il pubblico in sala e la Dying Girl del titolo risulta più che efficace. Ma questo non è affatto un buon segnale.

Voto: 1,5/4


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