'Quel maledetto vaccino': mamma Lorenza e la lotta per Melania
Lorenza Moratti ha 30 anni, ma - dice lei stessa - a volte le sembra di averne 70. Poco più di tre anni fa la sua vita, quella della sua famiglia e soprattutto quella della sua secondogenita, è stata sconvolta. Dal vaccino esavalente e quello del pneumococco, secondo Lorenza. Da una paresi cerebrale la cui causa non è stata ancora identificata ma non sarebbe collegabile al vaccino, secondo una commissione medica dell’Azienda sanitaria che ha respinto i due ricorsi avanzati dalla famiglia per vedersi riconoscere i danni.
«Nessuno mi toglierà mai dalla testa che oggi Melania non parla, non cammina, non riesce ad afferrare gli oggetti e ha movimenti scordinati per colpa di quel vaccino. Ho le foto che lo dimostrano. Fino a pochi giorni prima riusciva a tenersi il ciuccio in bocca con le mani e teneva la testa dritta e dal 15 giugno 2009, giorno del vaccino, più nulla».
«Ricordo come fosse ieri che la notte dopo il vaccino Melania continuava a svegliarsi di soprassalto urlando. Poi nei giorni seguenti avevo notato un calo di vivacità. Sembrava stanca, svogliata, non reggeva bene la testa. Ma inizialmente avevo dato la colpa al caldo, anche perché nessuno mi aveva informato dei possibili danni da vaccino. Mi avevano parlato della febbre, niente di più», racconta la mamma. Per questo la prima visita di Melania dalla pediatra risale a circa un mese dopo il vaccino.
«Era prevista una visita di bilancio e in quell’occasione manifestai alla dottoressa tutti i miei dubbi. Fino a quel momento non c’era stato alcun problema. Tutte le visite erano andate bene. I primi accertamenti alla nascita, i successivi controlli. Tutto nella norma. Ma dopo il vaccino Melania era cambiata, non era più lei». E infatti da quel momento è stato l’inizio di un lungo calvario. Una vita sconvolta, quella di questa famiglia. Di questa mamma che oltre a Melania ha un altro figlio, di appena 11 mesi più grande della secondogenita. «Melania ha bisogno di me in ogni momento perché da sola non è in grado di fare nulla. È come una bambina di sei mesi. È ovvio che il bambino più grande di questa situazione ne soffre. In più Melania ha bisogno di cure, di riabilitazione. Soprattutto d’inverno ogni giorno dobbiamo venire a Trento.E poi anche in Slovacchia dove abbiamo effettuato cure specifiche che hanno portato a dei piccoli miglioramenti».
Al Centro Adeli la bambina ha la possibilità di fare due ore giornaliere di fisioterapia indossando una tutina spaziale abbinata a terapia laser, crioterapia, ossigenoterapia, terapia manuale e logopedica. È evidente che Melania ha bisogno di tempo, di affetto, di attenzioni, ma anche di denaro. «Porto avanti la nostra battaglia per una questione di principio, perché non voglio essere presa in giro. Non voglio che mi dicano che il vaccino non c’entra senza dirmi la causa del problema di mia figlia. I medici l’hanno rivoltata come un calzino facendole anche tanti esami invasivi che hanno reso necessarie otto anestesie totali. Niente, nessuno ha saputo dirmi perché Melania si trovi in queste condizioni.
Hanno fatto accertamenti genetici, di malattie metaboliche, hanno parlato di malattie rare senza nome ma una diagnosi ancora non c’è. E allora mi chiedo perché fino a quattro mesi stava bene e ora non riesce a muoversi e parlare». Però Melania capisce e a modo suo comunica. Sorride quando è contenta. Piange quando qualcosa non le va. Nella vasca del centro di riabilitazione Franca Martini di Trento si lascia guidare dalle mani esperte del fisioterapista ma con gli occhi cerca la mamma. Lorenza risponde allo sguardo, le parla, le sorride. Melania è la sua vita, ma anche il suo costante pensiero.
«Inutile negare che mi aspettavo una vita diversa, che ora tante cose non le posso più fare e che sono preoccupata per Melania e anche per l’altro bambino che soffre del fatto che io devo sempre stare con la sorella. Ma io faccio l’impossibile per essere all’altezza. Ho lasciato il lavoro di estetista per stare loro vicina, porto Melania ovunque per accertamenti e terapie, ma i costi sono tanti e per questo vado avanti con il ricorso».
La famiglia si è rivolta all’avvocato Saverio Crea di Firenze, specializzato in questo genere di battaglie che sull’argomento ha anche un blog personale. «Il prossimo passo sarà un ricorso giudiziario - spiega l’avvocato - in quanto le prove schiaccianti da noi presentate che attestavano una severa intossicazione da metalli pesanti legata al vaccino sono state ignorate».
La battaglia di Lorenza è una battaglia personale per garantire a Melania tutta l’assistenza di cui ha bisogno. «Se il tribunale mi desse ragione forse potrei chiedere aiuto a qualcuno almeno qualche ora al giorno. Oggi invece tutti i soldi della pensione servono per i viaggi e per le cure private. Inoltre dobbiamo rifare casa per adeguarla ai bisogni della bambina. Anche questo è un costo enorme e in casa solo mio marito lavora in quanto io, con i bisogni della bambina, non me lo posso permettere».
Ma la battaglia di Lorenza è anche una battaglia civile, affinché si parli delle possibili conseguenze dei vaccini. «Ho scoperto solo dopo, ad esempio, che esistono degli esami preventivi per capire se i bambini sono pronti a ricevere il vaccino. Me lo avessero detto prima... Ho l’impressione che invece le Asl non tengano conto dei singoli. Che li vaccinino come pecore senza pensare troppo alle conseguenze. Tanto poi alla fine sono le famiglie a sorreggere il peso e le conseguenze dei danni. E la cosa assurda è che non ammettono nemmeno che sia il vaccino la causa».
Fonte: L'Adige