Non uno che faccia il mea culpa, o che osi fare un passo indietro. Non uno che si senta dignitosamente responsabile di quanto sta accadendo in questo Paese, ove a milioni sono chiamati a nuova povertà.
Tutti vogliono continuare ad occuparsi della cosa pubblica che, loro per primi, hanno distrutto. In questo scempio generale, ognuno di noi ha l'obbligo morale e civile di denunciare i misfatti commessi da questo manipolo di incompetenti, talvolta ladri e corrotti, che hanno condotto alla rovina una nazione di 60 milioni di persone. Ciò, in attesa che la storia faccia il proprio corso e li condanni con l'ignominia che meritano. Ma si sa, la storia ritarda sempre ad esprimere il suo giudizio e, nel frattempo, leggiamo di cosa è stato protagonista Giulio Tremonti, al tempo Ministro del Governo Berlusconi.
Ciò che state per leggere, potete certamente conoscerlo se siete degli addetti ai lavori o, buon per voi, se avete potuto godere dei benefici previsti dalla normativa introdotta dall'ex Ministro che, guarda caso, va a beneficio della classe più benestante del paese; ma allo stesso tempo arreca un danno miliardario alle casse dello Stato e quindi al contribuente.
Nel nostro ordinamento, la tassazione dei redditi avviene (dovrebbe avvenire) in maniera progressiva, secondo il sacrosanto principio (tra l'altro sancito dall'art. 53 della Costituzione) secondo cui "Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il sistema tributario è uniformato a criteri di progressività".
Tale principio, trova la sua naturale applicazione proprio nell'Irpef (Imposta sul reddito delle persone fisiche) che, con i suoi scaglioni di progressività dell'imposta, tende (dovrebbe tendere) a rendere la pretesa tributaria equa nei confronti delle varie classi di contribuenti, in ragione al proprio reddito prodotto. In altre parole, secondo questo meccanismo di progressività dell'imposta, il contribuente che ha elevati livelli di reddito dovrà contribuire al pagamento di imposte calcolate con aliquote fiscali tanto più alte, quanto sarà il reddito imponibile. Ed è così che nel nostro ordinamento sono previste diversi scaglioni di reddito con altrettante aliquote applicabili: si va dal 23% per redditi fino a 15000 euro, fino ad arrivare al 43% per redditi superiori a 75000 euro.Senza entrare troppo nei dettagli, ai fini dell'applicazione dell'imposta (IRPEF), sono considerati imponibili una moltitudine di redditi tra i quali rientrano, a titolo esemplificativo, i redditi da lavoro dipendente, da lavoro autonomo, di impresa, i redditi fabbricati e da locazione. Ed è proprio su questa tipologia di reddito che si è concentrato l'intervento dell'ex Ministro dell'Economia Tremonti. Invero, fino al 2010, chi possedeva una o più unità immobiliari ad uso abitativo, locate, aveva l'obbligo di tassare il relativo reddito da affitto secondo le regole dell'Irpef e quindi secondo la progressività dell'imposta che, per i redditi più alti poteva arrivare anche all'aliquota massima del 43%. In altre parole, il reddito da affitto, ridotto del 15% per effetto delle deduzioni forfettarie, veniva sommato agli altri redditi ai fini Irpef e quindi contribuiva alla formazione della basa imponibile soggetta a tassazione progressiva. Il meccanismo, oltre a rispondere a criteri di equità di applicazione di imposta, garantiva alla Stato un gettito tanto più elevato quanto fosse più altro il reddito.
A questo si doveva aggiungere anche l'imposta di registro del 2% calcolata sul valore annuo del contratto di locazione e le relative addizionali comunali e regionali.Dal 2011, per effetto dell'introduzione della cedolare secca (voluta con lo scopo dichiarato di combattere il fenomeno dell'evasione sui redditi da locazione), questo meccanismo è stato riformato profondamente. Invero, è stata introdotto un regime di tassazione (cedolare secca) che prevede una separazione dei redditi derivante dalla locazione di immobili adibiti ad abitazione, da quelli derivanti da altre attività. Quindi, per effetto della cedolare secca (opzionale per il contribuente), i redditi derivanti da locazione di immobili, sono del tutto sganciati dalle regole previste per l'Irpef. Conseguenza di ciò, è che il reddito derivante da queste tipologie di locazioni non rientrano nel perimetro di applicazione dell'Irpef e, pertanto, sono tassati sulla base di aliquote non progressive di estremo favore e individuate dal legislatore in 19% o 21%, a seconda che si tratti di contratti di locazione a canoni concordati a meno.
Ne deriva che, nei casi di redditi particolarmente alti, il contribuente che applicherà questo nuovo regime di tassazione, godrà di enormi vantaggi a scapito del fisco, che si vedrà notevolmente ridotto il proprio gettito su queste categorie di ricchezze.
Un esempio potrà chiarire di cosa stiamo parlando. Si ipotizzi un contribuente che ha un reddito da lavoro autonomo di 75 mila euro, al quale va aggiunto un reddito da locazione di immobili di 50.000,00 euro. Stando alle regole precedenti, i redditi derivanti da locazioni venivano colpiti con l'aliquota massima del 43% sull'85% di 50.000,00. Subivano quindi una tassazione di euro 18275 ai fini Irpef, oltre a qualche punto percentuale a titolo di addizionale regionale e comunale, e l'imposta di registro prevista del 2% annuo. Quindi, potremmo agevolmente affermare che, stando i livelli di reddito del contribuente in questione, per i redditi da locazione, egli avrebbe dovuto corrispondere al fisco circa 21.000 euro per Iperf, addizionali e imposta di registro. Con le nuove regole, ove applicate, lo stesso reddito da locazione viene tassato al 19% (o 21%) determinando un gettito omnicomprensivo di euro 9500,00. Un risparmio di 11.500 euro a favore il contribuente, ossia circa il 55% rispetto a quanto dovuto precedentemente. Niente male, direi. Proprio un gran regalo. E' evidente che al risparmio di 11.500 per il contribuente, si contrappone anche un minor gettito tributario di pari importo, che dovrà essere compensato con nuova imposizione a carico della collettività.A proposito della convenienza tra l'uno o l'altro criterio di imposizione, va precisato che la convenienza derivante dall'applicazione della cedolare, tende a diminuire in relazione alla diminuzione del reddito assoggettato ad Irpef.
E' del tutto chiaro che tale normativa, che ha avvantaggiato notevolmente chi dispone di alti redditi soggetti ad Irpef e alti redditi da affitto, ha determinato una diminuzione delle entrate fiscali per tali categorie di reddito. Premesso che è estremamente arduo quantificare il danno erariale prodotto da questa normativa (e ciò perché non esiste una scomposizione del gettito Irpef in base ai flussi derivanti dalle varie categorie di reddito), uno studio pubblicato sul sito Lavoce.info, nel 2010 (quindi precedentemente l'entrata in vigore della normativa), quantificava il minor gettito tributario in circa un miliardo di euro. Secondo i più recenti studi elaborati dalla CGIL, questa cifra salirebbe addirittura a 1.5 miliardi di euro per l'anno 2011.In attesa che emergano dati definitivi circa il gettito fiscale di competenza del 2011, tali da permetterci di comprendere l'effettivo danno erariale prodotto da Tremonti & Co con il regalo fatto ai super ricchi, resta difficile sostenere la tesi secondo la quale questo provvedimento avrebbe consentito l'emersione di contratti di locazione precedentemente occultati al fisco, e quindi nuova tassazione. Ciò, appare confermato anche dalle dinamiche sul gettito dell'imposizione soggetta a cedolare secca che, secondo i dati disponibili, risulta inferiore di oltre due miliardi a quello programmato. Inoltre, se la vera intenzione del legislatore fosse stata davvero quella di favorire l'emersione di contratti a "nero" abbassando le aliquote impositive, non si comprende le ragioni per le quali non venga adottato questo criterio anche per i redditi da lavoro (impresa e/o lavoro dipendente), al fine di sconfiggere quella evasione reiteratamente denunciata dalle varie autorità.
Il sospetto, è che questa normativa sia stata voluta proprio per avvantaggiare soggetti (pochi) che dispongono di grandi patrimoni immobiliari, ma arrecando un grave danno alla collettività che, in un momento così critico per il Paese, viene drammaticamente impoverita a colpi di tasse destinate anche a compensare il calo del gettito prodotto da questa legge. In Italia, tutti si riempiono la bocca denunciando la caduta della competitività dell'industria, ma nessuno fornisce soluzioni a questo fenomeno. Come al solito, si preferisce alzare le pressione fiscale sul lavoro e sulle famiglie, e agevolare altre forme di reddito come nel caso in specie. E ciò, per il vantaggio di pochi a scapito di molti . Il risultato è che se un soggetto investe, produce e crea ricchezza (quella vera, intendo) viene tassato al 75% o forse più. Mentre chi dispone di grandi flussi di reddito derivanti da patrimoni immobiliari, viene tassato in maniera ridotta al 19 o 21%, senza alcuna contropartita in termini sociali. Non deve affatto stupire se il risultato di questo modus operandi, è la desertificazione del sistema produttivo italiano e il fallimento della Nazione.