Animazione dell’asteroide Giunone a quasi 300 milioni di km di distanza ottenuta da immagini ALMA ad alta risoluzione (cliccare sopra se non parte). Crediti: ALMA (NRAO/ESO/NAOJ)
Una serie di immagini realizzate con ALMA, il radiotelescopio Atacama Large Millimeter / submillimeter Array dell’ESO in Cile, forniscono una visione senza precedenti della superficie di Giunone (formalmente 3 Juno), uno dei principali membri della fascia di asteroidi più interna del nostro sistema solare. Messe in sequenza a formare una breve animazione, le immagini ad alta risoluzione mostrano l’asteroide in rotazione nello spazio risplendere nella “luce” delle lunghezze d’onda millimetriche.
«Contrariamente ai telescopi ottici, che catturano la luce proveniente dal Sole e riflessa dai corpi osservati, le nuove immagini ALMA mostrano la radiazione alle lunghezza d’onda millimetriche realmente emessa dall’asteroide», ha detto Todd Hunter, un astronomo del National Radio Astronomy Observatory (NRAO) statunitense. «Utilizzando ALMA per ottenere l’immagine del bagliore termico da asteroidi come Giunone e da altri corpi del nostro sistema solare, gli astronomi saranno in grado di studiarne le caratteristiche, come la forma, la composizione, le proprietà della superficie».
L’osservazione ALMA completa, che comprende 10 differenti immagini, documenta circa il 60 per cento di una rotazione completa dell’asteroide. E’ stata portata a termine nel corso di quattro ore il 19 ottobre 2014, quando Giunone si trovava a circa 295 milioni di chilometri dalla Terra. In queste immagini, l’asse di rotazione dell’asteroide è inclinato in direzione opposta alla Terra, permettendo di scorgerne in maniera precipua l’emisfero meridionale. Un articolo scientifico con il dettaglio delle osservazioni eseguite è stato preparato dai rappresentanti l’intero consorzio internazionale ALMA ed è in procinto di essere pubblicato sulla rivista Astrophysical Journal Letters.
In questa osservazione ALMA ha ottenuto una risoluzione di 40 milliarcosecondi, per cui ciascun pixel nelle immagini rappresenta circa 60 chilometri, che corrispondono approssimativamente a un quarto della superficie di Giunone. Se al profano può risultare un po’ sgranata, per gli scienziati questa risoluzione rappresenta un grande miglioramento rispetto precedenti osservazioni fatte a lunghezze d’onda simili, risultando sufficiente a risolvere chiaramente la forma dell’asteroide e, potenzialmente, a ricavarne le caratteristiche superficiali di spicco.
Modelli precedenti di Giunone sviluppati studiando la sua luce riflessa indicano che ha un forma oblunga, simile a una patata, con presumibili rientranze minori sulla sua superficie. Le immagini ALMA sembrano ora sostenere questo modello. Con un diametro di circa 240 chilometri, Giunone è tra i più grandi membri della fascia principale degli asteroidi del sistema solare, anche se non può certamente competere con l’abitante più massiccio di questa regione: il pianeta nano Cerere, che si accinge proprio in questi giorni ad ospitare la missione Dawn della NASA.
«Questa nuova osservazione dimostra chiaramente che ALMA sarà uno strumento molto potente per studiare gli asteroidi», ha detto l’astronoma dello NRAO Arielle Moullet. «Alla sua massima risoluzione, ALMA è abbastanza potente per risolvere la superficie di molti asteroidi».
Giunone giungerà nel mese di novembre 2018 al suo punto di massimo avvicinamento con la Terra. Dal momento che l’asteroide sarà molto più vicino di quanto non fosse nelle osservazioni più recenti, ALMA sarà in grado di raddoppiare la sua risoluzione e svelare quindi nuovi dettagli su questo intrigante oggetto spaziale.
Alcune delle antenne di ALMA sul Plateau di Chajnantor, 5.000 metri sul livello del mare. Crediti: ALMA (ESO/NAOJ/NRAO)/W. Garnier (ALMA)
Giunone è uno dei cinque obiettivi selezionati per la ALMA Long Baseline Campaign, una serie di osservazioni specificamente volte a testare le capacità ad alta risoluzione del telescopio, raggiungibili quando le antenne spostabili sono portate al loro massimo grado di separazione, ovvero fino a 15 chilometri di distanza.
Fonte: Media INAF | Scritto da Stefano Parisini