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Quel Pci-giraffa nella storia del mezzogiorno

Creato il 29 luglio 2013 da Brunougolini
Quel Pci-giraffa nella storia del mezzogiorno
Erano gli anni 80 e la Basilicata fu tra le terre colpite da un drammatico terremoto. E fu in quei giorni che scattò una specie di "soccorso rosso" a favore delle popolazioni colpite. É uno degli episodi raccontati da Piero Di Siena, studioso, già parlamentare e già redattore de "L'Unitá", nel volume "Nel Pci del Mezzogiorno, frammenti di storia sul filo della memoria", Calice editore. É un viaggio dentro il passato che parla anche all'oggi. L'autore racconta così di un incontro, in quelle terre devastate, con Enrico Berlinguer. Il segretario del Pci aveva ascoltato "con lo sguardo tra l’imbarazzato e l’ironico" le parole di Zamberletti, il commissario straordinario nominato dal governo. Costui gli aveva detto che il suo partito, il Pci, "era il miglior reparto delle sue truppe". Era il riconoscimento di una forza che "di fronte alla latitanza di tanta parte degli apparati e delle istituzioni" rappresentava "l’ultimo baluardo dello Stato democratico".
Certo, era un altro Mezzogiorno quello ricordato da Piero Di Siena attraverso i ritratti di alcuni importanti "personaggi" di quell'epoca. Un modo per ricostruire "quello che è stato nelle pieghe della vita del Paese il partito nuovo voluto da Togliatti all’indomani della caduta del fascismo". Un partito-giraffa, per usare l'immagine togliattiana  "con lo sguardo collocato in alto e quindi capace di vedere lontano e un corpo pesante e con piedi ben piantati nella realtà in cui operava". Un partito che trova rapporti col mondo socialista (rappresentato nelle memorie di Di Siena da Michele Preziuso), nonché  col mondo cattolico. 
Il viaggio prende corpo nelle rievocazioni di Michele Mancino, il bracciante intellettuale immerso nelle lotte popolari del 1960 e che "non ha mai digerito la Bolognina", pensando peró che "un giorno ritorneremo uniti". É un susseguirsi di movimenti, lotte politiche, ansie e ipotesi di rinnovamento. La "giraffa" non è certo un animale impagliato. Lo ricorda bene Francesco Laudadio, già animatore, nel 1968, di un grande movimento degli studenti medi a Napoli, poi critico cinematografico e regista. Personaggi diversi, figli di un Mezzogiorno che si ostina a credere nella rinascita. Come Nino Calice che ha avuto, nel Pci e nella sinistra lucana, scrive Di Siena "il ruolo di insegnare ai lucani a vivere senza complessi il rapporto col «moderno». Mentre c'é chi, come Raffaele Giura Longo, gioca un ruolo di ponte fra  le “due Matere” della sinistra. 
Altra storia quella di Paolo Laguardia, il primo licenziato alla Fiat di Melfi giá sostenitore convin “svolta” di Occhetto e schierato con quelli che si chiamavano  “miglioristi”. Uno che in fabbrica viene richiamato perché rifiuta di mettersi la tuta da lavoro (pantaloni amaranto e maglia verde). La considera un’“imposizione”, un atto di massificazione che contrasta con l’idea di “fabbrica integrata” che la Fiat stessa gli aveva insegnato nel corso di formazione fatto a Torino, una violenza al diritto a rimanere “individuo” anche sul posto di lavoro.
Entriamo così nello scenario di quella che era la grande industria del Mezzogiorno. Come a Taranto, come a Napoli, con uno scontro, nello stesso Pci tra chi voleva difendere la vocazione agricola del territorio e chi guardava al processo di modernizzazione del Paese. E comunque nelle grandi fabbriche delle due città il Pci si radica.
Ora tutto é cambiato. Il libro conclude con il testo di una relazione dello stesso Di Siena al Terzo Congresso del Pci di Basilicata il 30 maggio del 1986. Un testo che contiene alcune istanze. Come quando propone un articolato piano del lavoro, partendo dalle questioni del lavoro giovanile. Con un invito "a raccogliere le forze, le idee, a formulare le proposte (e non all’esercizio della sterile denunzia)".  Una  strada che può "liberare energie e risorse ora mortificate e compresse, che può ridare un rinnovato impulso all’unificazione delle forze del lavoro e all’unità del movimento sindacale". Ridisegnando "il sistema di relazioni tra potere pubblico e mondo imprenditoriale, fondato non sulla fedeltà a questa o a quella cordata di potere, ma sulla capacità e l’efficienza". Un modo per contrastare il pericolo di un declino "dei partiti e della politica tradizionalmente intesi, e di una loro involuzione in chiave personalistica e attivistica". Parole, concetti che conservano il sapore dell'attualitá. 

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