Ce lo sentiamo dire talmente tante volte, che, ormai, sembra essere diventato un luogo comune: l'Italia è uno dei Paesi più tartassati del mondo occidentale. Verità, banale certo, ma sempre verità.
La PWC e Banca Mondiale hanno da poco pubblicato il Rapporto Paying Taxes 2016, in cui stilano la classifica dei Paesi con la tassazione più alta.
Neanche a dirlo, siamo i primi in Europa per pressione fiscale sulle imprese: il 64,8% dei profitti, infatti, se ne vanno in tasse di vario genere, per non parlare del tempo perso dietro alle numerose scadenze burocratiche (269 ore all'anno, dedicate al fisco).
Certo, rispetto al passato siamo migliorati, tuttavia non solo siamo ancora lontanissimi dai migliori, ma anche dalle posizioni di media classifica, se si tiene conto che, secondo il rapporto, la media mondiale della pressione fiscale è del 40,8%.
Naturalmente, il Governo Renzi ha promesso il taglio delle tasse ed il riordino e l'agevolazione delle scadenze fiscali, grazie all'informatizzazione della Pubblica Amministrazione.
Una cosa, però, è promettere – e quale Governo non l'ha mai fatto -, un'altra è mantenere e non sembra che stia andando bene, dato che i commissari della Spending Review – i responsabili incaricati di tagliare sprechi e spese superflue dello Stato – si dimettono, uno dopo l'altro (prima Cottarelli, poi Perotti), perchè stanchi di veder frustrato il loro lavoro.
Eppure se l'Italia vuole davvero puntare sulla ripresa economica, allora deve, veramente, dare una bella sforbiciata alla foresta di tasse che soffoca la nostra economia. Altrimenti, oltre alla preparazione, un imprenditore avrà bisogno anche di molto, ma molto coraggio, per sopportare questo peso di troppo.
Danilo