Come si concilierebbe il risultato della consultazione di domenica scorsa con la vittoria del NO, con l'accordo che Tsipras potrebbe firmare dopo il via libera del suo parlamento? Tecnicamente si concilierebbe nella misura in cui il quesito referendario si riferiva esclusivamente all'accettazione o meno del piano proposto dalla Troika a fine giugno. Questo significa che votare NO semplicemente voleva dire: "Questo accordo non l'accetto!", ma non implicava esplicitamente: "Non accetterò mai nessun altro tipo di accordo". Eppure per tutto il resto, si ha l'impressione che non si concili affatto.
Non si può negare che la vittoria del NO al referendum ha avuto soprattutto il suono di un sonoro schiaffo alla Troika, ovvero la vittoria di un principio in base al quale non doveva essere accettato solo quel particolare accordo, ma nessun tipo di accordo. È così che in maniera piuttosto diffusa e trasversale è stato inteso (interpretato) quel risultato, altrimenti non avrebbero avuto senso tutti quegli entusiasmi, al punto che moltissimi erano ormai portati a pensare che non ci sarebbe stato spazio per altro se non per l'uscita della Grecia dall'Euro. Adesso però, colpo di scena!, a meno di una settimana Tsipras ha un accordo, lo fa approvare dal suo parlamento (invero con più di qualche mal di pancia anche nel suo partito) e sarebbe in procinto di andarlo a ratificare a Bruxelles (sempre che Berlino non si metta di traverso, come sembra stia facendo in queste ultime ore).
Ora, a parte il fatto che la situazione è fluida e ancora in evoluzione, le condizioni di questo accordo sono davvero migliori di quelle della precedente proposta sottoposta al referendum, al punto che si può ragionevolmente pensare che se si facesse un nuovo referendum in questo caso vincerebbe il SI? Forse sono migliori solo per il fatto che stavolta Tsipras e il suo (nuovo) Ministro delle Finanze affermano che l'accordo va bene, perché stavolta, dicono, è una proposta che proviene da loro, dalla Grecia? Ebbene, questa ha tutto l'aspetto di una questione di lana caprina piuttosto infantile. In fondo, con tutti i compromessi del caso di cui peraltro non abbiamo (né avremo mai) i dettagli, se c'è un accordo tra due parti, significa che – a prescindere da come si giunge al suo perfezionamento (e non crediate che in queste cose sia una sola parte che lavora) – entrambe le parti devono essere d'accordo nell'accettarlo. Quindi, nel momento in cui venisse definitivamente accettato anche dalla Troika tanto osteggiata, sarebbe difficile credere che i sostenitori del NO referendario concorderebbero con questo scenario.
Insomma, per come si sta sviluppando la vicenda, e mettendosi dalla parte del popolo, si ha l'impressione che il referendum di domenica scorsa sia stato per lo più l'equivalente sociale di un'iniezione di morfina, giusto per ubriacarsi e prendere un po' di tempo, ma almeno rispetto alla maggioranza che ha votato NO, è impossibile non venire colti da un retrogusto amaro di sconfitta della democrazia.
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