Ecco questa è l’Italia odierna: un treno a vapore diretto a grande velocità verso che cosa? Nessuno oggi sarebbe in grado di dare una risposta a questa domanda, credo.
Ma facciamo un passo indietro, al dicembre 2012.
La Cancelliera Angela Merkel in una intervista di fine anno al Financial Times ha esposto questo semplice concetto: se l’Europa oggi conta solo il 7 per cento della popolazione mondiale, produce circa il 25 per cento del pil globale e deve finanziare il 50 per cento della spesa sociale globale, allora è ovvio che dovrà lavorare molto duramente per mantenere la sua prosperità e il suo stile di vita.
Ora è chiaro che, se questo è lo scenario di fondo sul quale si gioca il nostro futuro, in Europa i Paesi che più soffriranno questa situazione (che storicamente appare inevitabile) saranno quei Paesi, come l’Italia, che sono più deboli dal punto di vista delle risorse economiche ma, soprattutto, più ingessati politicamente, con una classe dirigente che, a tutti i livelli, sembra incapace di fare squadra – Paese e continua a fare il gioco dei propri piccoli interessi di campanile.
In fondo siamo rimasti fermi, come mentalità, all’Italia dei mille comuni medievali: le corporazioni si fan guerra a vicenda, cercando aiuto e prebende dal Signore del momento; tanto il popolino, ignorante e stolto, alla fine il conto lo paga sempre…
Dopo mille anni di questo copione, forse sarebbe ora che anche noi italiani comprendessimo che o si fa gioco di squadra oppure la storia inevitabilmente ci riporterà ad essere colonizzati nuovamente, non da Stati stranieri, ma da Banche Centrali e Fondi Sovrani.
Il lavoro che ci attende è immenso e il tempo inesorabilmente scorre veloce. Ma forse siamo ancora in tempo, solo non si vede all’orizzonte ancora la volontà di cambiare rotta. Gli ultimi trenta giorni ci hanno mostrato una classe di neo parlamentari che sembra non abbiano compreso la gravità della situazione che abbiamo davanti.
Si ha l’impressione che a prevalere siano ancora i veti incrociati e le beghe interne ai partiti, mentre il Paese, di fatto senza guida, corre veloce verso il nulla.
Di fronte a questa situazione, cosa dovrebbe fare un investitore istituzionale estero che deve decidere dove allocare i risparmi pensionistici dei propri assistiti? Per quale motivo dovrebbe investire i propri risparmi nel nostro Paese? Francamente facciamo fatica a trovare qualche motivazione plausibile per invogliarlo ad investire in Italia. Per non parlare dell’altra faccia della medaglia, altrettanto rischiosa per il nostro Paese, che è quella che gli stessi investitori istituzionali o fondi sovrani, disponendo di ingenti risorse finanziarie, facciano shopping delle nostre aziende migliori (che ancora per fortuna esistono) e dei pezzi “pregiati” del nostro bel Paese. Il rischio esiste realmente e se la crisi economica continuerà con questa intensità, penso che saremo spettatori di situazioni del genere.
Come reagire? L’unica soluzione è imparare a fare gioco di squadra, come gli altri Paesi europei più maturi e responsabili di noi fanno da decenni, da secoli. L’Italia unita ha cento cinquant’anni, ma politicamente sembra ancora una spensierata adolescente.