La prima volta che la vidi, lei era in cima alla scala che andava in aula magna, in via Pietro Giuria. Era il primo giorno di Università e tutti si guardavano intorno un po' incerti in cerca di qualche appiglio. Aveva un abitino pied-de-poule bianco e nero e se ne stava ferma vicino alla balaustra come se stesse aspettando qualcuno. Le chiesi se anche lei fosse una matricola e se sapesse dove era l'ingresso dell'aula, che si vedeva benissimo lì dietro. Sembrava timida, un fragile stelo dorato da guardare e proteggere con cura e io, ragazzotto ancora piuttosto grezzo e lento nel ragionare (non che poi sia migliorato un granché), non potevo ancora rendermi conto che stava passando il treno più importante della mia vita, quello che per molti, meno fortunati, non passa neanche una volta e che io stavo lì alla fermata giusta. Lei, non ho ancora ben capito cosa ci vedesse in quel ragazzo spettinato con le idee poco chiare, mi scelse e mi ci fece salire su quel treno, che ancora viaggia sicuro su un binario che spero ancora lungo e sereno come è stato per trentotto anni. Un viaggio che può sembrare lungo, ma, forse perché è stato così interessante e fortunato, è passato in un attimo. Così oggi che è il nostro anniversario (tanto per cambiare credevo fosse due giorni fa, il 12 ottobre; mi confondo sempre con la scoperta dell'America, ma non è l'età, è che sono sempre stato così) voglio dedicarle quattro versi di Li Shizheng detto Duo Duo, un poeta cinese di Pechino quasi mio coetaneo che mi piace molto e che qualcuno definisce il poeta delle nuvole.
SOGNO
Andati, passati, tanti anni se ne sono andatiTante gioie, poche tristezzeIl passato, sembra un carro segnato dai viaggiNoi pure stiamo per perdere di vista il nostro villaggio...
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