Lo scenario è molto simile a quello disegnato da Walter Chendi su questa tavola
Disegni di Walter Chendi
tratto dal suo racconto a fumetti Est-Nord-Est, edito dalla Rizzoli-Lizard nel 2007.
In questa favola la nebbia che avvolge "una città posta tra il mare ed il monte" viene spazzata via da un forte vento da est nord est, la Borne. I cttadini ne vanno molto fieri, considerandolo una caratteristica di cui elogiare i meriti, come per esempio quello di purificare (in ogni senso) la città. Il punto è che questa volta la Borne non ne vuole sapere di cessare, anzi aumenta sempre più di intensità, isolando la città.
"Siamo isolati"
"Forse lo siamo sempre stati"
"Forse l'abbiamo sempre voluto"
In questo scambio di battute tra due personaggi della novella si nasconde una piccola verità: la città orgogliosa del suo passato in cui contava qualcosa, si aggrappa alle bandiere e ai vessilli di quel periodo. Si spaccia per essere una città aperta all'altro, ma poi si lacera in profonde divisioni al suo interno. Ognuno corre dietro alla propria conventicola, partito o circolo rassicurante.
Disegni di Walter Chendi
Un mattino accade l'impensabile: la Borne ha spazzato via tutti i colori della città, ogni cosa appare di un bianco abbacinante. Ogni stemma, vessillo, bandiera di chiesa, partito o congregazione ha perso i propri colori: non ci son più scuse, ora qualcosa deve pur cambiare.
Invece non è ancora finita. Dalle pagine del diario di Ranfo, un creatore di favole e testimone degli eventi incredibili che hanno sconvolto per sempre la vita della città, veniamo a sapere che la Borne colpirà ancora.
In quattro splendide tavole, in cui si può ammirare la bella linea chiara che tanto deve al Maestro Vittorio Giardino, Walter Chendi ci racconta l'arrivo del portentoso turbinio di vento che si porta via i veri figli della città.
Disegni di Walter Chendi
Disegni di Walter Chendi
Disegni di Walter Chendi
Disegni di Walter Chendi
Chi sono i sopravissuti? Cosa li distingue dagli altri? Solo un fatto: l'essere diversi, secondo vari criteri, ma pur sempre diversi dai veri figli di questa città.
Ranfo però annota sul diario che i superstiti (tra cui i bambini mancano del tutto) si dimenticano presto del tragico evento che hanno vissuto. Organizzano una festa che si trasforma presto in orgia. Non hanno imparato nulla. E il vento ricomincia ad alzarsi.
"Il morbo della pigrizia e della spensieratezza ci ha colpito senza lotta né fatica. Ci riconoscerà. Voleremo."
Sono le ultime parole del diario, lette molti anni dopo da una piccola comunità di nomadi dall'accento slavo che, fermatisi durante una notte nebbiosa in una casa deserta e isolata di un luogo che non conoscono, hanno rinvenuto il manoscritto. Alla fine della lettura la nebbia si sta diradando e un forte vento comincia ad alzarsi. La partenza del mattino successivo non è più così sicura.
Chendi è partito da un falso vanto di Trieste, la Bora, per mettere alla berlina alcuni pregiudizi e luoghi comuni della città e dei suoi cittadini: sedere sugli allori di un passato ormai andato, far finta di abbracciare il diverso da sè per poi dividersi su tutto, considerare il confine come un segno di apertura finendo invece per viverlo dentro di sé come una ferita, abbracciare quella conventicola piuttosto che un'altra solo per darsi una risposta preconfezionata e tranquillizzante alle tante domande.
Sono vent'anni che vivo a Trieste, ma non mi son ancora abituato alla Bora......