Tanto rumore per nulla. Un affermazione di matrice shakesperiana sorge
spontanea al termine della proiezione di un film come “Quell’idiota di
mio fratello”. Prodotto indipendente con un cast oltre la media, il film
in questione è un palloncino che si sgonfia quasi subito per mancanza
di un idea trainante. Se infatti l’intento fosse quello di dimostrare la
validità dell’assunto che sta alla base del film, e cioè che la
spontanea genuinità delle persone semplici ed in particolare di quella
un po’ troppo programmatica di Ned, sorta di freakettone arrivato fuori
tempo massimo per un attualità che ha ormai digerito le utopie
sessantottine, è preferibile al conformismo della gente benpensante,
allora ”Quell’idiota di mio fratello” avrebbe bisogno di una cattiveria
che la storia messa in scena da Jesse Peretz non prevede. Prendendo in
prestito situazioni palesemente clonate da sit-com e serie
televisive, con le varie coppie sistematicamente immersi in battibecchi e
riconciliazioni, la sceneggiatura costruisce un universo sentimentale
ed emotivo precario, in cui le relazioni tra i vari personaggi – Ben ha
tre sorelle che si districano tra amori, incomprensioni e tradimenti –
raggiungono il punto di non ritorno a causa della maldestra presenza
dello sciroccato protagonista, il quale con una verve da Drugo di
mezz’età si intrufola nelle loro vite portandone a galla le
contraddizioni con una serie di misunderstanding che fanno leva sulla
mancanza di malizia del protagonista. Uno schema collaudato, come sempre
giocato sui contrasti caratteriali, ed indirizzato ad un
intrattenimento agrodolce che la versatilità di attori abituati al riso
ed al pianto dovrebbe favorire. Ed invece a parte una scorrevolezza che
rasenta l’inconsistenza e la curiosità nei confronti di attrici come
Emily Mortimer e Zoey Deschanel, solitamente giudiziose nelle loro rare
apparizioni il film può contare solo sul faccione inebetito di Paul Rudd
non nuovo in situazioni da “scemo e più scemo”.
Magazine Cinema
Tanto rumore per nulla. Un affermazione di matrice shakesperiana sorge
spontanea al termine della proiezione di un film come “Quell’idiota di
mio fratello”. Prodotto indipendente con un cast oltre la media, il film
in questione è un palloncino che si sgonfia quasi subito per mancanza
di un idea trainante. Se infatti l’intento fosse quello di dimostrare la
validità dell’assunto che sta alla base del film, e cioè che la
spontanea genuinità delle persone semplici ed in particolare di quella
un po’ troppo programmatica di Ned, sorta di freakettone arrivato fuori
tempo massimo per un attualità che ha ormai digerito le utopie
sessantottine, è preferibile al conformismo della gente benpensante,
allora ”Quell’idiota di mio fratello” avrebbe bisogno di una cattiveria
che la storia messa in scena da Jesse Peretz non prevede. Prendendo in
prestito situazioni palesemente clonate da sit-com e serie
televisive, con le varie coppie sistematicamente immersi in battibecchi e
riconciliazioni, la sceneggiatura costruisce un universo sentimentale
ed emotivo precario, in cui le relazioni tra i vari personaggi – Ben ha
tre sorelle che si districano tra amori, incomprensioni e tradimenti –
raggiungono il punto di non ritorno a causa della maldestra presenza
dello sciroccato protagonista, il quale con una verve da Drugo di
mezz’età si intrufola nelle loro vite portandone a galla le
contraddizioni con una serie di misunderstanding che fanno leva sulla
mancanza di malizia del protagonista. Uno schema collaudato, come sempre
giocato sui contrasti caratteriali, ed indirizzato ad un
intrattenimento agrodolce che la versatilità di attori abituati al riso
ed al pianto dovrebbe favorire. Ed invece a parte una scorrevolezza che
rasenta l’inconsistenza e la curiosità nei confronti di attrici come
Emily Mortimer e Zoey Deschanel, solitamente giudiziose nelle loro rare
apparizioni il film può contare solo sul faccione inebetito di Paul Rudd
non nuovo in situazioni da “scemo e più scemo”.
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