Salutato oltreoceano come un film piacevolmente imprevedibile e sistematicamente atto a giocare con gli stereotipi tipici del genere di riferimento, si era creata una certa aspettativa nei confronti di questo horror diretto da Drew Goddard (sceneggiatore diCloverfield e di numerosi episodi di serie tv tra cuiLost,Alias, Buffye Angel) e da egli stesso scritto insieme a Joss Whedon (creatore di Buffy, Angel, Firefly e regista/sceneggiatore di The Avengers, in uscita il 25 aprile). Come hanno notato fin dallo scorso marzo i critici che hanno avuto la possibilità di vederlo al South by Southwest Film Festival, effettivamente Quella casa nel bosco (titolo originale: The Cabin in the Woods) ha il pregio di spiazzare a più riprese lo spettatore, facendosi gioco di lui e, viene da aggiungere, proponendosi come un’onnivora macchina rielaboratrice di codici, temi e luoghi comuni che nel corso della storia del cinema hanno abitato e al contempo alimentato il genere horror.
Cinque ragazzi decidono di passare qualche giorno di vacanza nella casa sperduta nelle montagne dello zio di uno di loro. Curt e Jules sono fidanzati. Poi ci sono Dana, una ragazza la cui relazione segreta con il suo professore universitario si è appena conclusa, e Holden, un ragazzo single con cui Dana, secondo i piani di Curt e Jules, dovrebbe far conoscenza. Infine, l’immancabile burlone del gruppo, Marty, strafatto di erba e pronto a offrire al film il necessario repertorio di battute e aneddoti spassosi, generalmente assai prezioso in quanto permette allo sceneggiatore del caso di bilanciare la componente horror e splatter con una buona dose iniziale di ironia. Fin qui ci siamo. D’ora in poi, però, nulla sarà più secondo le attese, come in fondo ci viene suggerito fin dall’incipit, piuttosto atipico per un horror movie, che precede la didascalia con il titolo del film. Inutile a questo punto andare oltre nella descrizione della trama, in quanto ciò avrebbe il solo effetto di rovinare la sorpresa al lettore che avesse l’intenzione di andare al cinema a vedere la pellicola (la cui uscita, in un primo momento prevista per metà aprile e poi spostata al primo maggio, è stata ulteriormente posticipata dalla M2 Pictures nel tentativo di dare maggiore visibilità al prodotto).Gli sceneggiatori si divertono a mescolare con indubbia abilità i più svariati topoi del cinema dell’orrore, nonché ad anticipare a piccole dosi quello che è l’enigma alla base del film, così da far crescere progressivamente la tensione e la curiosità di chi guarda. Il tutto, facendo ricorso ad uno spirito ludico-parodico che si fa sempre più accentuato con l’evolversi della narrazione, oltre a dialoghi che verso il finale arrivano a sfociare in un inconsueto ridicolo volontario. Ciò che ne risulta, ci sembra, è una sostanziale ed esplicita messa in primo piano della inevitabile natura di costrutto della macchina-cinema.Coraggioso, inventivo, eccessivo e per certi aspetti completamente folle, Quella casa nel bosco non è certo un film per tutti i gusti, ma si rivela dunque, a poco a poco, come una audace e affascinante operazione metalinguistica, volta a una profonda decostruzione dei motivi ricorrenti, tanto iconici quanto linguistici, dell’immaginario horror (cinematografico ma anche, andando più indietro nel tempo, letterario). Solo nel contesto dell’industria cinematografica statunitense un film di questo tipo avrebbe potuto assicurarsi la cosiddetta green light, il via libera di uno studio di produzione, con un budget di 30 milioni di dollari. Degne di nota la fotografia di Peter Deming (Strade perdute e Mulholland Drive di Lynch, Jack lo Squartatore dei fratelli Hughes) e la scenografia di Martin Whist (Super 8 e Cloverfield).
Pubblicato su cinemartmagazine