Il dubbio che mi assale è anche più grande, e cioè che la fotografia non sia in fondo il linguaggio che cercavo. Poi so che non è così, ho abbastanza esperienza di lingue per capire che devo solo studiarne la sintassi per mettere ordine dentro di me, ma la domanda su cosa debba fotografare mi assale.
Uno scorcio, l'insieme? Non sono l'unico ad averlo notato: da quando ho cominciato il mio corso di fotografia, fotografo molto meno e con molta più difficoltà. Ogni volta che sto per premere, addirittura per inquadrare, mille "ma" mi assalgano, la paura del "già visto" e del dozzinale sono dietro l'angolo.
Intendiamoci, non intendevo diventare Robert Capa. Ma elevare a qualcosa degno di nota una piazzetta qualunque è davvero difficile, non sai mai cosa restituisca la tua sensazione e qualcosa devi comunque lasciarla da parte. Non intendo fuori dall'obiettivo, quello è ovvio.
Quando fotografi, non devi ritagliare solo le immagini, devi selezionare una tra le mille spinte che ti portano a fotografare quella cosa e non un'altra. Poi, con il digitale, puoi anche permetterti di premere il pulsante, non succede nulla di male. Ma urge sempre decidere la ragione per la quale si fotografa.
La ragione vera, concreta, immediata, non una metafisica proiezione di sé nel mondo. Parafrasando Pennac, bisogna ricordarsi che si è liberi di non fotografare, che c'è qualcuno che ha già fatto fotografie "migliori" delle nostre, più accurate.
Sembra poco, ma ti libera, ti dà l'accesso a quella foto che è un'eccezione e non la pretesa regola. Quella foto tutta per te e la mente sgombra di tutto il resto.