Quella maledetta fabbrica sulle rive della Greve

Creato il 08 giugno 2013 da Federbernardini53 @FedeBernardini

Oggi sole, niente di meglio di una passeggiata.

Mi sono fatta almeno tre chilometri lungo gli argini della Greve, vecchio cammino, erano passeggiate con mia madre, bramate come vacanze.

Ancora non mi capacito che i germani si tuffino per pescare… ci sono i pesci!

Ho fotografato un airone, bianco, che si è impaurito vedendomi arrivare ed ha spiccato il volo.

Perfino le nutrie mi sorprendono. Oddio, quelle non c’erano davvero, da nessuna parte!

Lì vicino c’era una fabbrica di medicinali, scaricava direttamente nel fiume tutti gli avanzi, gli scarti di lavorazione, fanghi puzzolenti risalivano le rive.

Grande prova di coraggio era fare cinquanta metri di strada correndo senza respirare, il puzzo che aleggiava in quel pezzetto di strada era insopportabile, rimaneva appiccicato addosso e sui vestiti.

Alla metà degli anni ‘70 decisero di farla trasferire altrove.

Abbiamo respirato nubi di tutti i colori dal ‘53 al ‘75, ogni tanto il cielo si tingeva di viola, giallo, verde, blu elettrico, a seconda di quale lavorazione stessero facendo.

In cento metri di strada ci sono stati almeno cinque casi di leucemia, uno quello di mia madre.

C’era anche chi aveva il coraggio di farci il bagno in Greve.

Quindi immaginati ora, camminare e vedere l’erba verde, non grigia o rossa o viola. Vedere germani reali, cigni, cormorani e aironi pescare i pesci che sono finalmente tornati è un’emozione che non riesco a raccontare nemmeno a me stessa.

Ci sono ancora le saracinesche delle fogne che venivano chiuse in caso di piena, arrugginite, come antichi guerrieri in armatura.

Quando passo tra le nuove case, quelle costruite dove c’era la fabbrica, per andare al lavoro e magari piove, sento ancora uscire dai tombini l’odore acre di quel tempo.

Pensa che hanno scavato 30 metri per “bonificare” il terreno.

La falda acquifera, dalla quale il nostro pozzo prendeva acqua, era inquinata fino a un chilometro di distanza, cadmio, piombo e non so più quali altri metalli infestavano tutto.

Quando ci costrinsero ad allacciarci all’acquedotto comunale, mio padre protestò… l’acqua era batteriologicamente pura… ci credo!

Ecco, ricordi…

Il 4 novembre 1966 eravamo tutti sul ponte a guardare l’acqua che passava a filo di un muro di sacchi di sabbia, messi come sbarramento a creare un argine sulla strada che al ponte accede.

La Greve esondò abbastanza lontano e questo ci salvò.

Eravamo ignari di quanto la fabbrica conservasse: una stanza piena di sodio, restavamo lì a guardare tronchi e detriti che passavano sotto il ponte… sarebbe bastata poca acqua per far esplodere metà del paese.

Si seppe dopo molto tempo. Avevamo corso davvero un bel rischio.

Isolati dalla città, dovemmo aspettare alcuni giorni per andare a vedere cosa fosse successo.

Inforcammo le biciclette, ancora non c’erano autobus, e risalimmo la collina di Bellosguardo, scendendo nel quartiere di San Niccolò.

L’odore che molti cronisti riportarono, lo ricordo ancora.

Inutile dilungarsi sulla devastazione che vedemmo, ricordo le lacrime di mia madre come sunto di quei giorni.

Sonia Maioli



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