Magazine Diario personale

Quella maledetta telefonata che alla fine arriva sempre.

Creato il 19 giugno 2012 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Quella maledetta telefonata che alla fine arriva sempre.C’è stata una variazione rispetto al copione che avevo scritto qualche post fa. A fare quella maledetta telefonata non sono stati i sanitari di un ospedale ma il mio amico a me. Appena un’ora fa. Per dirmi “Volevo lo sapessi”. Ho risposto “Mi dispiace”, incapace di articolare altro, di dire altro e nell’impossibilità di abbracciarlo fisicamente, come avrei fatto se fossi stato con lui. Mi sono preso l’incarico di telefonare agli amici perché li conosco, i nostri amici. Non chiedono nulla, rispettano i silenzi, non danno consigli, non condizionano esistenze, non si rammaricano di quanto è successo. Ti ascoltano. Perché loro sono amici. Questi sono i momenti in cui m’incazzo terribilmente perché non sono un poeta, non lo sono mai stato, non lo sarò mai. Se lo fossi, però, scriverei versi d’amore e non parole senza senso con le quali cerco di mascherare una tristezza che mi sta prendendo alla gola. Se fossi un poeta costruirei solo rime d’amore, quelle stupide, quelle scontate, quelle semplici, un po’ banali un po’ orpelli un po’ demodé. Se fossi un poeta, ma non lo sono, mi circonderei di versi che parlano dell’amore che viene, di quello che va, di quello che resta nonostante lo sforzo da psichiatria pura di negarlo e una citazione da Faber di cui non mi vergogno: il poeta è lui, non io. Se fossi un poeta, ma non lo sono, guarderei il cielo immaginando un volto con gli occhi verdi e i capelli biondi mentre lo solca scrutando il mondo sotto con l’espressione di chi se la sta godendo da matti, con un’ironia sottile e feroce come quella di cui era intrisa la compagna del nostro amico. Se fossi un poeta, ma non lo sono, parlerei del distacco. Non c’è sentimento più violento al mondo di quello che si porta appresso nella pelle e nel cuore il distacco, un momento che non ne prelude altri che non è una separazione né un abbandono. Ma io non sono un poeta anche se, senza nessuna accezione sentimentale e niente di immorale, voglio scrivere un saluto: “Buon viaggio, Patrizia”.

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