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Quella sporca ultima meta: storia di una partita unica. Di quelle che ti segnano

Creato il 31 ottobre 2011 da Ilgrillotalpa @IlGrillotalpa

Qualche giorno fa vi ho parlato di una squadra molto particolare che gioca in Serie C in Piemonte. Particolare perché completamente composta da giocatori detenuti.
Un lettore del blog – che preferisce rimanere anonimo – ha giocato contro questa squadra e ha voluto raccontarmi come è andata. Io ve la giro, perché è semplicemente bellissima

Quella sporca ultima meta: storia di una partita unica. Di quelle che ti segnano
La Drola è la squadra della Casa Circondariale di Torino, ‘Le Vallette’ per i torinesi. Una trentina di ragazzi, detenuti delle carceri di tutta Italia trasferiti in Piemonte, a cui è stata data la possibilità di recuperarsi grazie allo sport. E non uno qualsiasi, uno sport fatto di valori, dove le parole fondamentali sono ‘avanzare’ e ‘sostegno’, una sintesi della vita di tutti i giorni.
Sembra di stare in un film: alte torri di guardia, mura di cemento liscio alte oltre 10 metri e telecamere di sorveglianza ovunque. E’ un plumbeo sabato pomeriggio di fine ottobre e si gioca a rugby, of course: La Drola – San Mo’, serie C, girone territoriale piemontese.
Ci cambiamo nei container adibiti a spogliatoio, sorrido nel constatare che le ‘strutture’ sono sempre le stesse quando militi in serie C, ovunque ti capiti di giocare. Riscaldamento, riconoscimento dal signor arbitro, il discorso del coach e finalmente scendiamo in campo, il terreno è morbido con una bella erba, il rettangolo di gioco è stretto e corto, su tre lati muri grigi, sul quarto gli spalti, sempre di cemento, vuoti.
Tre secondini osservano incuriositi il fischio d’inizio, palla alta e pedalare. Cominciamo con il piede giusto, loro sono grossi ma inesperti, mettiamo pressione e grazie ad una punizione ed un drop siamo subito 0-6 .
Gioco fisico il loro, vanno a sbattere, e talvolta gli riesce di bucare: il numero 8 passa, mi viene addosso, sono l’estremo, lui è enorme, vado alle gambe e lui va giù. Ma ci salviamo per poco, loro continuano a ripartire e guadagnare sistematicamente la linea del vantaggio, finché non schiacciano tra i pali! 5-6, forse è meglio svegliarci.
Ci svegliamo, a volte capita di rendersi conto di saper giocare: una, due, tre mete! A metà del secondo tempo siamo 5-23. Sarebbe un grosso errore ‘sedersi’ proprio ora, vogliamo la quarta meta, quella del bonus, ma la vuole segnare ognuno di noi e l’individualismo non premia nel gioco del rugby.
Il rugby premia il gioco di squadra, e mentre noi ci rilassiamo loro ci credono ancora, ben più di noi, segnano e trasformano due volte, noi mettiamo solo un piazzato: 19-26. La Drola ha ‘la ghigna’, voglia di vincere, vengono da noi ma la loro inesperienza ci salva,  il loro pilone va a terra nei nostri 22 metri controllando male il pallone: avanti! Guardiamo tutti l’arbitro e lui fischia tre volte. Ricominciamo a respirare.
Abbiamo vinto, ma è stata dura, sarà il luogo angosciante, sarà che, di chi hai di fronte, sai solo che ha commesso reato per essere qui, sarà che non ho mai visto tanta determinazione in una squadra di principianti. Loro fanno il corridoio e ci applaudono, con un rispetto per l’avversario che raramente vedi.
Scortati al ‘braccio Arcobaleno’, la struttura, separata dagli altri settori, che accoglie i giocatori de La Drola, ci sediamo assieme a tavola dove vengono servite lasagne al forno. Le lasagne, onestamente, non sono delle migliori e manca la birra (vietati gli alcolici), il terzo tempo però ha qualcosa di unico: lo spirito di questo sport, avversari in campo e amici dopo, è vivo in queste persone. Parlano, ridono, scherzano con te come fossi loro amico da tempo, si scusano per i falli fatti e ti stringono la mano, sinceramente, chiedono consigli e delucidazioni. Il miglior terzo tempo della mia carriera.
Seduto a tavola con loro improvvisamente realizzo che non mi importa più di aver vinto, ha vinto lo sport, ha vinto il Rugby, e sono felice.


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