... quella vera è un'altra cosa!

Da Damt

Mentre a Siena imperversa lo tsunami di Siena & Stars e il resto del mondo si chiede quand'è che mi deciderò a raccontarvi com'è andata:-), tento di farmi perdonare con un'anticipazione che vuol essere anzitutto un consiglio gastronomico: tant' è che avrei voluto intitolare questo post con una roba alla sorcina, tipo "l'indirizzo ce l'ho", perchè in effetti sarà questo quello che dirò, la prossima volta che si organizzerà un fine settimana a Siena: perchè bene come si è magiato da Ettore, in quella città, non ho mai mangiato in vita mia.

E qui, mi si consenta una parentesi: come sa chi legge questo blog da molto tempo, le recensioni gastronomiche le ho sempre tenute per me. Il primo motivo, è che non mi ritengo in grado di scriverle: ci vogliono professionalità, talento e mestiere, tutte cose che in questo campo mi mancano- e se anche dovessi pensarmi in un lavoro diverso dal mio, non è nei panni del critico gastronmico che mi vedrei. Associo il ristorante ad un momento di svago, di convivialità senza secondi fini, e visto che ultimamente queste occasioni nella mia vita scarseggiano, intendo preservarle con le unghie e con i denti.

Nello stesso tempo, come di nuovo sa chi legge questo blog o, più semplicemente, chi mi conosce, giro per ristoranti da ua vita. Da ragazza, li selezionavo pure, per i tour operator. Da giovin signora, erano il consueto preambolo a qualsiasi divertimento;  da moglie son diventati la palestra per tenere allenato il difficile palato di mio marito e per esercitare il mio. Fino a pochi anni fa, giravamo per stellati come pazzi e anche se un'infilata di prese in giro ci ha fatto rallentare il ritmo, per cui oggi si preferisce tornare, anzichè provar sempre esperienze nuove, viste le sorprese dietro l'angolo, molto meno infrequenti di quanto un firmamento di stelle possa far supporre, il pallino del menu degustazione e dintorni è rimasto.

Di conseguenza, volente o nolente, son diventata un giudice severo di quello che ho nel piatto. E nove ristoranti su dieci non passano il mio personalissimo esame. Ragion per cui, se venite a trovarmi a Genova, finite sempre da Corrado (prometto post con urgenza) e se vogliamo andare a Recco per la focaccia al formaggio ci si adatta agli orari di apertura dell'unico locale che, secondo me, ancora la fa buona. E quando giro per il mondo, è facile che si vada in cerca di posti nascosti, fuori dalle rotte battute dai turisti o dai consigli internettiani anonimi, col fiato sospeso e le dita incrociate dietro la schiena. E' successo un po' ovunque, è successo anche a Siena, prima della settimana scorsa: perchè da allora, infatti, ho un indirizzo- anzi: ho L'indirizzo dove mantenere intatto il carico di emozioni che questa città ha il potere di suscitare in me ogni volta.

Per cui, prendete carta e penna e scrivete: Antica trattoria Botteganova, stada Chiantigiana 29- citofonare Ettore :-) e lasciar fare a lui. E se doveste avere ancora qualche dubbio, lasciatemi raccontare...

credits: Patty

Partiamo dal fondo- anzi: dai fondi, ovvero dalla splendida cantina del ristorante. Chiedete al patron se è possibile visitarla, perchè è da lì che si comprende, senza tanti preamboli, che la cifra connotativa di questo locale, il filo rosso che lega ogni singola portata del menu, ogni gesto del servizio, ogni passaggio della frenetica cucina a vista è la passione. Una passione che va in mille direzioni, guardando avanti nella ricerca e scavando nel profondo, nei solchi della tradizione e che conosce la pazienza, la cura, l'attenzione verso ogni singolo prodotto, selezionato e trattato con riguardo ed attenzione. Gli stessi con cui Ettore racconta e si racconta, in una storia in cui il lavoro e la vita si intrecciano a triplo filo- e hai voglia a far cucina cerebrale, quando il cuore pulsa nelle pietre di quello che un tempo era il tuo ristorante ed ora è anche la tua casa e le colline che regalano uno spettacolo da cartolina son quelle che ti han visto nascere e crescere. Nello stesso tempo, però, niente indulgenze o sbavature: è cucina di cuore, ma è cucina severa, rigorosa, attenta alle sfumature e ai dettagli, che prende forma in una carta in cui la ricerca continua di qualità va di pari passo con l'attenzione al cliente: che, non a caso, vien subito invitato a partecipare alla vita del ristorante, in una condivisione che va oltre la leziosaggine delle "coccole" e lo trasforma  da estraneo a complice- e da semplice cliente, ad ospite d'onore. Il resto, è tutto qui sotto...

credits: Patty

credits: Patty

Ora, il bicchierino che vedete nella foto di apertura sarebbe dovuto essere un umile omaggio a questa cena: ci ho riso io per prima, figuriamoci voi, ma vi assicuro che, almeno in teoria, il semifreddo al caffè credevo di saperlo fare. Anzi: ero talmente convinta di saperlo fare che mi son pure concessa una variante, all'Irish Coffee. Ed ero così convinta, che ci ho immolato il Laphroaig, lì dentro. Se non che, mi si è smontata la meringa.

E allora, è diventata una specie di crema, molto più strutturata di quella che sarebbe dovuta essere, nelle mie intezioni: il che, ci riconduce al punto di partenza. Nulla in contrario se preparate una crema all'Irish Coffee come la mia, che tutto sommato è stata pure mangiata senza grosse stragi, almeno nell'immediato. Ma quella vera, è un'altra cosa. E se passate da Siena, nessuna scusa: ormai, l'indirizzo lo avete, no?

CREMA  (sbagliata )ALL'IRISH COFFEE

per 6 persone

4 tazzine di caffè nero, forte

1 grammo (mezzo foglio piccolo) di colla di pesce

2 uova grandi

dai 6 agli 8 cucchiai di zucchero (dipende da quanto dolce lo volete)

un bicchierino di whisky

200 ml di panna fresca non montata.

Preparate il caffè e, nel frattempo, ammollate la colla di pesce in acqua fredda. Appena pronto il caffè, trasferitelo in una terrina, scioglietevi la colla di pesce, mescolando velocemente con un cucchiaio di legno e lasciate raffreddare completamente. Mettete in frigo per mezz'ora, prima di aggiungere gli altri ingredienti.

Con lo zucchero e un po' d'acqua preparate uno sciroppo di zucchero, a caldo (calcolate circa la letà del peso dello zucchero, per le dosi dell'acqua): mettete tutto in un pentolino e fate bollire, fino a 121 gradi. Se non avete il termometro, fate bollire per circa 5 minuti: lo sciroppo deve risultare molto denso, senza caramellare.

Montate i tuorli, aggiungendo a filo e poco per volta metà dello sciroppo.

Fate lo stesso con gli albumi, montandoli benissimo e aggiungend lo sciroppo senza mai smettere di montare

Quando i tuorli saranno diventati spumosi, aggiungete il caffè, al quale avrete unito il whisky. Unite il liquido a poco a poco, facendo attenzione a non smontare troppo il composto.

Unite gli albumi, con la massima attenzione.

Montate 100 ml di panna montata e unitela alla crema. Suddividerla in sei bicchierini e metterla in frigo, per almeno 6 ore.

Poco prima di servire, unite il resto della panna, semimontata e spolverate con poco cacao amaro.

Buona settimana

Ale


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