Quella vita che ci manca
di Valentina D’Urbano
Titolo: Quella vita che ci manca
Autore: Valentina D’urbano
Edito da: Longanesi
Prezzo: 14,90 €
Genere: Romanzo
Pagine: 250p.
Trama: Gennaio 1991. Valentino osserva le piccole nuvole di fiato che muoiono contro i finestrini appannati della vecchia Tipo. L’auto che ha ereditato dal padre, morto anni prima, non è l’unica cosa che gli rimane di lui: c’è anche quell’idea che una vita diversa sia possibile. Ma forse Valentino è troppo uguale al posto in cui vive, la Fortezza, un quartiere occupato in cui perfino la casa ti può essere tolta se ti distrai un attimo. Perciò, non resta che una cosa a cui aggrapparsi: la famiglia. Valentino è il minore dei quattro fratelli Smeraldo, figli di padri diversi. C’è Anna, che a soli trent’anni non ha ormai più niente da chiedere alla vita. C’è Vadim, con la mente di un dodicenne nel bellissimo corpo di un ventenne. E poi c’è Alan, il maggiore, l’uomo di casa, posseduto da una rabbia tanto feroce quanto lo è l’amore verso la sua famiglia, che deve rimanere unita a ogni costo. Ma il costo potrebbe essere troppo alto per Valentino, perché adesso c’è anche lei, Delia. È più grande di lui, è bellissima – ma te ne accorgi solo al secondo o al terzo sguardo – e, soprattutto, non è della Fortezza. Ed è proprio questo il problema. Perché Valentino nasconde un segreto che non osa confessarle e soprattutto sente che scegliere lei significherebbe tradire la famiglia. Tradire Alan. E Alan non perdona. Questo è un romanzo sull’amore, spietato come solo quello tra fratelli può essere. Ma è anche un romanzo sull’unico altro amore che possa competere: quello che irrompe come il buio in una stanza piena di luce, quello tra un ragazzo e una ragazza, contro tutto e tutti.
di Vania
Mi sono avvicinata a questo libro incuriosita da Valentina D’Urbano come autrice, avendo avuto una entusiasta esperienza di lettura con i suoi precedenti libri. Non appena si inizia a leggere “Quella vita che ci manca” infatti non si possono non riconoscere i tratti distintivi della scrittura della D’Urbano: una trascinante prosa – sì, è uno di quei libri che ti fanno rimanere appiccicata di brutto alle sue pagine -, una rabbia di fondo che penetra nelle ossa del lettore, ma di questo parlerò tra poco. Una tendenza a dire le cose come stanno senza inutili fronzoli letterari, con la sola forza della verità vista e raccontata.
Moltissime sono le sensazioni che mi ha lasciato questo libro. Innanzitutto il contesto nel quale è ambientato. Si racconta di miseria, una miseria senza possibilità di uscita se non attraverso “lavoretti facili”, ma è una miseria carica di dignità, quella dignità che per luogo comune definirei “la dignità di chi non ha nulla da perdere”, ma potrei facilmente sbagliare.
È la dignità di una famiglia che sa di poter contare sul proprio legame, perché, come l’autrice stessa scrive, è la famiglia l’unica certezza, l’unica potenza in grado di proteggere i suoi membri dall’esterno: li conosce, li ama a prescindere.E il lettore questo lo respira, arrivando quasi a invidiare la famiglia Smeraldo per ciò che essa stessa è: un legame profondo e indissolubile. Un legame così profondo da riuscire a condizionare l’amore stesso per una donna, ad esempio, o purtroppo.
Ciò che accomuna tutti i personaggi è la rabbia.
Rabbia che si estrinseca nella forza di Mamma e nell’amore verso i suoi figli, nella capacità di Anna di far quadrare i conti. Rabbia che avvolge e permane in Alan, gli segna il viso e l’essere. Rabbia che abbraccia Valentino e si tramuta in voglia di riscatto. La rabbia in questo libro si sente sempre, si sente ovunque.È un libro che si vive di pancia, ma che non si permette mai di far provare pietà al lettore. Perché non c’è spazio per la pietà, la pietà non è chiesta nè voluta. Al lettore è chiesta la rabbia, e la rabbia è ciò che il lettore stesso arriva a provare. Che tipo di rabbia è? È una rabbia per tutto ciò che non è possibile. Tutto ciò che “sarebbe possibile se”. Se, se, se. Ed ogni “se” gira intorno a una parola sola: Fortezza. Quel “Se” è esattamente “quella vita che ci manca”. L’amore c’è e ha una potenza quasi salvifica, nonostante tutto. E ci prova con forza, a scalfire e dare un calcio a tutto ciò che non va e non può andare. Ma forse l’amore a volte non basta. Bisogna fare i conti con la potenza di ciò che si è, con le radici dalle quali non si riesce a volte a scappare.
Profondo, denso, vivo e avvincente, questo romanzo è assolutamente consigliato a chi vuole leggere di storie e personaggi forti senza rinunciare al potere dei sentimenti. Per certi versi mi ha ricordato tantissimo “Acciaio” di Silvia Avallone, che vi nomino tanto per darvi un’idea di che tipo di libro è. Insomma, leggetelo che ne vale la pena.