27 luglio 2013. È passato un anno e non me ne sono nemmeno accorta. Sarà che nel frattempo mi sono laureata e la testa era da un’altra parte, sarà che quella sensazione di sconforto e smarrimento post-laurea dell’“e adesso che succede?” aveva preso il sopravvento, sarà che il viaggio a New York mi ha sia incantata che impegnata, facendomi pensare a tutte le cose da raccontare e alla prossima meta (che si sa, appena si realizza un sogno, poi, se ne cerca subito un altro), saranno tutte queste cose messe insieme, ma, per me, il tempo è volato.
“…mi sono laureata e la testa era da un’altra parte…”
Che poi è proprio del volare che sto per parlarvi, perché, se c’è una piccola cosa che ho capito nell’ultimo anno, è che non esiste un unico tipo di viaggi. Dimenticando per un attimo quelli classici (aereo-treno-macchina, passaporto & co.), ci sono quelli che durano tre anni e non ti fanno far altro che vagare per le aule prima e per i corridoi poi, nella completa disperazione pre-esame, per esempio, ma ci sono anche quelli che durano meno di un’ora e durante i quali non ti sposti in orizzontale, ma in verticale: prima sali e poi scendi, ad una velocità sorprendente.
“…prima sali e poi scendi, ad una velocità sorprendente.”
Che mi piacesse volare, ormai, lo sapevano tutti, o almeno tutti quelli che hanno avuto la (s)fortuna di conoscermi di persona, ma chi lo avrebbe mai detto che una ragazza diversamente alta come me, che ha ventidue anni, ma che ne dimostra molti meno (magari un giorno vi racconto anche questo) e che sembra tanto tranquilla (sul serio?), un bel giorno potesse dire “Voglio lanciarmi da un aereo con il paracadute!”. Ma che, davvero? Sì, davvero.
““Voglio lanciarmi da un aereo con il paracadute!”. Ma che, davvero? Sì, davvero. E l’ho fatto.”
Qualche piccola ricerca online e trovo la Skydive Venice, poco distante da casa, che organizza lanci in tandem, e mi do una mossa per prenotare. Detto fatto. 27 luglio. Appena arrivata spiegano a me e agli altri pazzi pronti a lanciarsi cosa succederà e cosa dobbiamo fare: come posizionarsi prima, durante e dopo il lancio, come funziona l’apertura del paracadute e tutti quei piccoli accorgimenti, che però sono fondamentali. Poi si sale su un piccolo aeroplano con i paracadutisti che ci accompagneranno nel lancio e via, si decolla.
“Poi si sale su un piccolo aeroplano con i paracadutisti che ci accompagneranno nel lancio e via, si decolla.”
In venti minuti circa si raggiunge la quota prevista, a 4500 metri la porta si apre e l’emozione è a mille. Non mi chiedo “ma chi me lo ha fatto fare!?”, ho la fortuna di non soffrire di vertigini e quella di amare le altezze elevate (alcuni mi prendono in giro dicendo che è per compensare il mio metro e sessanta, sarà). Stare lassù, per me, è una benedizione. Pronti, posizione, via. L’istruttore agganciato a me si lancia e io, chiaramente, di conseguenza. Si precipita a 200 km all’ora, il primo impatto con l’aria mi fa mancare il respiro per due secondi, perché entra dal naso e non riesco a buttarla fuori, ma in un attimo tutto si sistema e comincio a godermi il viaggio. I fiumi e i campi sotto di me sembrano finti, di un paese delle bambole, le macchine neanche le vedo.
“L’istruttore agganciato a me si lancia e io, chiaramente, di conseguenza.”
Che cosa si prova a precipitare? Euforia, ma soprattutto libertà. È una sensazione che si fa fatica a descrivere a parole, bisogna viverla. Qualcuno però insiste, vuole sapere, e allora io cerco di spiegarlo nel modo più semplice possibile. Avete presente quando, durante un viaggio in macchina, si mette il braccio fuori dal finestrino? Ecco, la sensazione corporea è simile quella, con l’aria che sbatte violentemente sulla pelle, solo che stai andando infinitamente più veloce e non stai correndo sull’asfalto, ma stai cadendo dal cielo.
“…stai cadendo dal cielo.”
A 1700 metri si apre il paracadute, la caduta diventa un volo controllato e l’esaltazione lascia il posto alla calma. Ora posso guardare tutto quello che mi circonda e giocare al Titanic. Il mio istruttore mi dice di aprire le braccia, come faceva Rose, e poi cominciamo a girare come una trottola, su noi stessi, a 360 gradi, sospesi tra il cielo e la terra. Si sta così bene là in cima. Ogni preoccupazione, ogni dubbio scompare e ti sembra davvero che il mondo sia un posto perfetto, così piccolo eppure infinito, visto da quell’altezza.
“…la caduta diventa un volo controllato e l’esaltazione lascia il posto alla calma.”
Rimettere i piedi a terra è naturale, ma allo stesso tempo strano. Come si può stare lassù e poi tornare quaggiù come niente fosse? Ora capisco quelli che mi dicevano “Lo fai una volta e poi diventa una droga“. Dai, lo rifacciamo? Magari. Mille volte.
“Dai, lo rifacciamo? Magari. Mille volte.”
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INFO E MAPPA
Per maggiori informazioni sui prezzi e i corsi di paracadutismo, visitate il sito di Skydive Venice. L’attività lancistica è attiva tutto l’anno il sabato e i festivi (su prenotazione anche durante la settimana), dalle 8 al tramonto.
La scuola si trova in via Condulmer 12/a, a San Stino di Livenza (Venezia).
“…via Condulmer 12/a, a San Stino di Livenza (Venezia).”