Quella volta in cui sono rimasto in mutande e altre magiche avventure

Creato il 20 giugno 2012 da Angelozinna

Ve l’avevo già raccontato di quella volta in cui mi hanno rubato tutto? Si? Peccato, perché l’inverno dell’emisfero australe mi ha fatto venire nostalgia dei bei tempi in cui non mi era rimasto niente da mettermi, ma era bello così. Per qualche giorno. E così ve lo racconto di nuovo.

Lo scorso Giugno, anzi no, quello prima, mi trovavo in Australia. Avevo, insieme al mio amico Lorenzo, acquistato un Nissan Vanette datato vent’anni, il pulmino all’interno del quale avevamo deciso di vivere per i mesi necessari ad esplorare la costa est, da Melbourne a Cairns. Ma questa è storia vecchia. Passiamo al succo. A Townsville, capoluogo del Northern Queensland (perché c’è un Queensland e poi, più su, un Northern Queensland, come per farti capire che c’è una linea sottile tra civiltà e coccodrilli/serpenti/struzzi assassini), avevamo deciso di andare in visita a Magnetic Island, l’isola tropicale conosciuta per la sua alta popolazione di koala, e per la sua ridente foresta pluviale che sia affaccia direttamente sulle spiaggie dorate. Un’immagine da cartolina ci era già stampata in mente, ignari del peggio che stava per arrivare.

Nel primissimo mattino, fino ad allora considerato semplicemente notte, o, a volte, tarda serata, parcheggiamo il nostro fidato mezzo sulla terraferma, e ci dirigiamo ancora in stato comatoso verso il traghetto che in circa mezz’ora ci avrebbe portato su questo paradiso tropicale (..e che caz*o, non mi ero detto di non usare più queste parole? vabbè, andiamo avanti). Il mare è piatto e tra una foto e l’altra arriviamo con le migliori intenzioni. “Noleggiamo una bicicletta” propongo senza sapere del monte che ci separa dall’altro capo dell’isola. Una pedalata verticale decisamente troppo lunga per due giovanotti che per due mesi hanno mangiato con venti dollari a settimana ci porta alla famosa Horseshoe Bay, tagliando per la parte orientale del Magnetic Island National Park, dove abbiamo avuto la possibilità di rompere i coglioni a un koala che stava dormendo sul solito eucalipto, e Nelly Bay, un’altra spiaggia, più popolata della prima, e tra un bagno nell’oceano e l’altro è già l’ora di tornare indietro. Ci si rimette in sella e si ripedala come se non ci fosse un domani. Stremati arriviamo al porto, contenti per l’esplorazione ma sopratutto per il riappropriato possesso delle nostre gambe, ci imbarchiamo con la vista all’orizzonte, o, se non altro, alla doccia del campeggio.

Al parcheggio notiamo di aver dimentacato i fanali accesi. Ma non basta, anche gli sportelli sono aperti (perché gli le cose o si fanno bene o non si fanno). Preoccupati controlliamo immediatamente i nostri averi. Sul sedile del passeggiero troviamo ben esposti: computer portatile, Ipod, una macchina fotografica e un biglietto della lotteria da un milione di dollari (no, ok, quello non c’era). Tutto intatto, menomale!

Lungo le Highway australiane i campeggi gratuiti sono molti. Quello a cui ci stavamo recando era a circa un ora di distanza da Townsville, e pur non avendo elettricità, offriva almeno una doccia fredda. “In Australia non ruba nulla nessuno!” ce la ridevamo come se la prossima volta quasi quasi lo avremmo fatto di proposito di lasciare tutto aperto, magari anche i finestrini e lo stereo acceso. L’allegria finisce nel momento della doccia, o, meglio, nel momento in cui, nudo come un verme, torno dalla doccia per trovare che il groviglio di coperte sotto il quale avevo lasciato il mio zaino, manca della parte più importante: il mio zaino. Tra le bestemmie e gli accidenti (che da nudo sono ancora più pesanti), mi rassegno a contare quanto rimane del mio guardaroba: due magliette sporche, un paio di pantaloncini da calcio della Polisportiva Santa Maria, un paio di mutande sporche che ho reso pulite utilizzandole al contrario.

Il giorno successivo dopo un rapido acquisto dello, indispensabile, abbigliamento intimo più economico proseguiamo verso nord, arriviamo a Cape Tribulation e torniamo indietro, per l’Outback. Arriviamo ad Alice Springs, poi a Uluru, per poi decidere di risalire fino a Darwin. E poi riscendere fino a Perth, perché no. Qualcosa come 15.000 chilometri. Quasi tre mesi passati come un zingaro e mi accorgo che tutto ciò che possiedo entra in una busta del supermercato.

Ma non potevi comprare qualcosa? Si, ma per un po’, era bello così.


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